22/01/2014
Il lavoratore che prende a schiaffi la moglie, mentre è al lavoro e insulta un superiore che cerca di sedare il litigio, non può essere licenziato per giusta causa. È quanto si evince dalla sentenza n. 16616 della sezione lavoro della Corte di Cassazione, depositata il 28 luglio scorso.
Il fatto. Un lavoratore di un’impresa privata durante l’orario di lavoro aveva avuto un violento alterco con la moglie, anch’ella dipendente della stessa impresa, e si era spinto fino a schiaffeggiarla. Per sedare la lite era intervenuto anche un superiore gerarchico che, però, era andato incontro agli strali del lavoratore. L’impresa aveva sanzionato il lavoratore ritenendo di applicare il licenziamento per giusta causa. Licenziamento che, però, era stato annullato sia in primo che in secondo grado dai giudici di merito, che avevano ritenuto la sanzione troppo elevata rispetto all’infrazione commessa e che avrebbe potuto giustificare anche la sanzione massima conservativa, prevista dal CCNL, ma non certo la sanzione del recesso. L’impresa, quindi, aveva impugnato la sentenza della Corte d’Appello davanti alla Corte di Cassazione. che, però, ha dato ragione nuovamente al lavoratore.
I comportamenti del lavoratore, per quanto negativi, erano riconducibili a vicende personali del medesimo. E in più, le invettive rivolte ai colleghi di lavoro non erano finalizzate a ledere la posizione di costoro nell’ambiente di lavoro, essendo una mera reazione nei confronti di soggetti intervenuti nell’ambito del diverbio con la propria moglie.
(Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 16616/11; depositata il 28 luglio).
Milano 26/08/2011