21/01/2014
La Corte di Cassazione, dopo qualche oscillazione, ultimamente ha affermato, in modo chiaro e netto, che " non esiste nel codice penale una espressa norma incriminatrice che sanzioni il c.d. mobbing. La figura di reato maggiormente prossima ai connotati caratterizzanti il mobbing è quella dei maltrattamenti commessi da persona dotata di autorità per l'esercizio di una professione " , disciplinata dall'articolo 572 del codice penale.
Per la Corte di Cassazione perché si possa avere il reato di mobbing occorre che "il rapporto tra il datore di lavoro e il dipendente assuma natura para-familiare, in quanto caratterizzato da relazioni intense ed abituali, da consuetudini di vita tra i soggetti, dalla soggezione di una parte nei confronti dell'altra, dalla fiducia riposta dal soggetto più debole del rapporto in quello che ricopre la posizione di supremazia ".
Quest’affermazione della corte poggia il suo fondamento sul testo dell'articolo 572 del codice penale che punisce "Chiunque, …, maltratta una persona della famiglia, o un minore degli anni quattordici, o una persona sottoposta alla sua autorita', o a lui affidata … per l'esercizio di una professione o di un'arte, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni …".
L'articolo sopra richiamato, dal punto di vista sistematico, in modo significativo, è inserito nel nostro codice tra i delitti contro l'assistenza familiare. Alla famiglia, pertanto, occorre far riferimento perché questa figura criminosa possa sussistere. Il luogo di lavoro, come si può ben comprendere, non è una famiglia. Può diventare famiglia sono in casi del tutto particolari quali, ad esempio, il lavoro di una domestica convivente o il lavoro in una impresa familiare da parte di un componente della famiglia. Ma al di fuori di queste figure e di qualche altra specifica figura marginali, famiglia e lavoro non sono due identità che coincidono.
Un lavoratore subordinato nel nostro moderno sistema giuridico, inoltre, non si può affermare che sia sottoposto all'autorità del datore di lavoro. Egli al datore di lavoro è semplicemente legato da un rapporto contrattuale e non d’autorità come se fosse un militare. Il rapporto che lega un lavoratore al datore di lavoro è semplicemente un rapporto direttivo, gerarchico e disciplinare. Il datore di lavoro esercitava nei confronti del lavoratore l'autorità richiamata dal codice penale solo nel sistema corporativo e non certamente nel nostro sistema giuridico. Quest’ autorità mal s'addice al nostro sistema costituzionale e alle forti tutele di cui allo statuto dei lavoratori.
La norma penale sopra riportata, è stata inserita nel nostro ordinamento giuridico dal vecchio codice Rocco del periodo fascista; evidentemente con questa norma, all'epoca, lo Stato intendeva tutelare penalmente prestazioni lavorative che con lo sviluppo economico e produttivo dei decenni successivi sono definitivamente scomparse.
Il mobbing , possiamo così concludere affermando che non è punito penalmente dal nostro codice penale; esso, rappresenta solo un gravissimo inadempimento contrattuale posto in essere dal datore di lavoro che dovrà provvedere al risarcimento dei danni, che ha eventualmente procurato al suo collaboratore.
Il lavoratore che subisce mobbing non si deve rivolgere al giudice penale ma può promuovere solo una causa civile avanti il tribunale del lavoro.
Milano 08/07/2010