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Il datore di lavoro non deve tollerare i comportamenti mobbizzanti

Lo impone l'obbligo di salvaguardare la salute del suo dipendente

La Corte di Appello dell'Aquila, confermando la sentenza del Tribunale di Teramo, condannava in solido il Comune di Colonnella e un suo dirigente a risarcire il danno alla salute e professionale in favore di una dipendente quale conseguenza di un comportamento mobbizzante. La Corte del merito, precisato che la responsabilità del dirigente del comune era stata fatta valere dall’interessata in via extracontrattuale, osservava, che le risultanze istruttorie confermavano "la sottrazione delle mansioni la conseguente emarginazione, lo spostamento senza plausibili ragioni da un ufficio all'altro, l'umiliazione di essere subordinati a quello che prima era un proprio sottoposto, l'assegnazione ad un ufficio aperto al pubblico senza possibilità di poter lavorare, così rendendo ancor più cocente propria umiliazione". È stata ritenuta la responsabilità risarcitoria del datore di lavoro assumendo il seguente principio: "la circostanza che la condotta di mobbing provenga da altro dipendente in posizione di supremazia gerarchica rispetto alla vittima, non vale ad escludere la responsabilità del datore di lavoro su cui incombono gli obblighi di cui all'art. 2049 cc, ove questo sia rimasto colpevolmente inerte alla rimozione del fatto lesivo". Nella specie, sottolineava la Corte di appello, con motivazione condivisa dalla Corte di Cassazione, “la durata e le modalità con cui è stata posta in essere la condotta mobbizzante, quale risulta anche dalle prove testimoniali, sono tali da far ritenere la sua conoscenza anche da parte del datore di lavoro, nonché organo politico, che l'ha comunque tollerata". La corte di Cassazione ha confermato la sentenza della corte di appello perché sono stati provati i classici parametri tassativi di riconoscimento del mobbing "che sono l'ambiente; la durata, la frequenza, il tipo di azioni ostili, il dislivello tra gli antagonisti, l’andamento secondo fasi successive, l’intento persecutorio". Corte di Cassazione n. 10037/15

Le dimissioni per giusta causa.
Il lavoratore può presentare le dimissioni immediate, per giusta causa, senza concedere al datore di lavoro il preavviso previsto dalla legge e dal contratto collettivo.Le dimissioni per giusta causa si presentano se il datore di lavoro si renda inadempiente ai suoi obblighi contrattuali; l'inadempimento è configurabile, innanzitutto, nella mancata corresponsione della retribuzione o dei vari istituti di natura economica previsti dal contratto di lavoro. Si possono presentare le dimissioni per giusta causa anche in presenza di mobbing o di inosservanza delle misure di sicurezza e antinfortunistiche. L'inadempimento del datore di lavoro deve essere di un certo valore. Il mancato versamento dei contributi previdenziali non è stato ritenuto motivo per la presentazione delle dimissioni per giusta causa perché il datore di lavoro è obbligato a questi pagamenti nei confronti di un soggetto terzo e non direttamente nei confronti del lavoratore anche se ne è il beneficiario. La lettera di dimissione deve indicare in maniera specifica il motivo della presentazione delle dimissioni. Se le dimissioni sono state correttamente presentate, il lavoratore ha diritto ad avere il pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso; in caso contrario questo diritto spetta al datore di lavoro, che potrà trattenere direttamente a l'importo dalla busta paga.

Dimissioni e maternità

La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida e' sospensivamente condizionata l'efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro.

Le dimissioni con data certa

L'efficacia delle dimissioni della lavoratrice o del lavoratore e della risoluzione consensuale del rapporto e' sospensivamente condizionata alla convalida effettuata presso la Direzione territoriale del lavoro o il Centro per l'impiego territorialmente competenti, ovvero presso le sedi individuate dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale.
In alternativa alla procedura di cui al comma 17, l'efficacia delle dimissioni della lavoratrice o del lavoratore e della risoluzione consensuale del rapporto e' sospensivamente condizionata alla sottoscrizione di apposita dichiarazione della lavoratrice o del lavoratore apposta in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro.
Nell'ipotesi in cui la lavoratrice o il lavoratore non proceda alla convalida ovvero alla sottoscrizione della comunicazione, il rapporto di lavoro si intende risolto, per il verificarsi della condizione sospensiva, qualora la lavoratrice o il lavoratore non aderisca, entro sette giorni dalla ricezione, all'invito a presentarsi presso le sedi di cui al comma 17 ovvero all'invito ad apporre la predetta sottoscrizione, trasmesso dal datore di lavoro, tramite comunicazione scritta, ovvero qualora non effettui la revoca.
 La comunicazione contenente l'invito, cui deve essere allegata copia della ricevuta di trasmissione, si considera validamente effettuata quando e' recapitata al domicilio della lavoratrice o del lavoratore indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio formalmente comunicato dalla lavoratrice o dal lavoratore al datore di lavoro, ovvero e' consegnata alla lavoratrice o al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta.
Nei sette giorni, che possono sovrapporsi con il periodo di preavviso, la lavoratrice o il lavoratore ha facolta' di revocare le dimissioni o la risoluzione consensuale. La revoca puo' essere comunicata in forma scritta. Il contratto di lavoro, se interrotto per effetto del recesso, torna ad avere corso normale dal giorno successivo alla comunicazione della revoca. Per il periodo intercorso tra il recesso e la revoca, qualora la prestazione lavorativa non sia stata svolta, il prestatore non matura alcun diritto retributivo. Alla revoca del recesso conseguono la cessazione di ogni effetto delle eventuali pattuizioni a esso connesse e l'obbligo in capo al lavoratore di restituire tutto quanto eventualmente percepito in forza di esse.
Qualora, in mancanza della convalida ovvero della sottoscrizione, il datore di lavoro non provveda a trasmettere alla lavoratrice o al lavoratore la comunicazione contenente l'invito entro il termine di trenta giorni dalla data delle dimissioni e della risoluzione consensuale, le dimissioni si considerano definitivamente prive di effetto.

Dimissioni e abuso del foglio firmato in bianco

Salvo che il fatto costituisca reato, il datore di lavoro che abusi del foglio firmato in bianco dalla lavoratrice o dal lavoratore al fine di simularne le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto, e' punito con la sanzione amministrativa da euro 5.000 ad euro 30.000. L'accertamento e l'irrogazione della sanzione sono di competenza delle Direzioni territoriali del lavoro.