12/02/2017
L'azienda contesta a un suo dirigente di aver dichiarato, nel corso di un'intervista rilasciata ad un quotidiano, nel periodo in cui ricopriva l'incarico di direttore finanziario della società, quanto segue: " "così, negli anni sono state realizzate varie operazioni dirette a fornire una rappresentazione dei bilanci della società diversa dal reale". Il dirigente si è difeso sostenendo di non aver mai reso al giornalista la dichiarazione e che, in realtà, la frase era riportata in un interrogatorio reso in un procedimento penale al pubblico ministero. Il tribunale e la corte di appello hanno rigettato l'impugnazione del licenziamento da parte del dirigente; hanno ritenuto che il dirigente aveva effettivamente rilasciato l’intervista.
La Corte di Cassazione, però, ha rimandato le parti avanti la corte d'appello perché nella sentenza ha riscontrato delle violazioni di legge: l'azienda aveva l'obbligo di provare che il dirigente aveva effettivamente rilasciato l'intervista; questo onere di prova si imponeva perché il dirigente aveva sempre affermato di non aver rilasciato quell'intervista. Non era il dirigente a dover dare la prova di non aver rilasciato l'intervista me era il datore di lavoro che doveva provare che quell'intervista era stata effettivamente da lui rilasciata. Le dichiarazioni rese al pubblico ministero nel procedimento penale, non possono essere ritenute rilevanti ai fini disciplinari costituendo un imperativo dovere di legge.
La corte di appello dovrà riesaminare il caso eliminando il vizio riscontrato dalla Corte di Cassazione.
Se l'intervista dovesse risultare essere stata rilasciata effettivamente dal dirigente, il licenziamento sarà dichiarato legittimo; in caso contrario sarà annullato con tutte le conseguenze risarcitorie del contratto dei dirigenti.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 3468/17; depositata il 9 febbraio.