Il comportamento antisindacale c’è ma non basta per annullare i licenziamenti collettivi

 La Corte di Appello di Milano, su ricorso della Uil-Uilm, Fim Cisl e Fiom Cgil di Monza, ha confermato la sentenza del Tribunale di  Monza sul comportamento antisindacale della Gianetti Fad Wheels S.R.L per aver omesso di comunicare all’organizzazione  sindacale la decisione di chiudere lo stabilimento di Ceriano e per aver omesso la necessaria informativa sull'andamento prevedibile dell'occupazione. La Corte di Appello, su ricorso delle organizzazioni sindacali non soddisfatte della sentenza, ha esteso la dichiarazione del comportamento antisindacale dell'azienda già pronunciata dal Tribunale di Monza anche al fatto di aver   comunicato la propria intenzione di procedere al licenziamento collettivo prima ai lavoratori e, solo in seguito, alle organizzazioni sindacali. Per la Corte di Appello di   Milano, con questo comportamento, l'azienda non ha consentito alle organizzazioni sindacali di cogestire la crisi aziendale e cioè di “partecipare all'esame della situazione di crisi e a proporre soluzioni della stessa” pregiudicando   l'immagine del sindacato davanti ai lavoratori e il diritto delle organizzazioni sindacali di assistere i lavoratori   estromessi. In questo modo l'esame congiunto della procedura di licenziamento collettivo è stato snaturato ad un evento formale posto a valle di una decisione già assunta. La Corte di Appello ha ritenuto di dichiarare il   comportamento antisindacale dell’azienda ma non ha ritenuto di poter accogliere la domanda delle organizzazioni sindacali di annullare la procedura del licenziamento collettivo e con essa i licenziamenti già comunicati ai lavoratori. Corte di Appello di Milano. Sentenza n. 897/2022 pubbl. il 06/02/2023.

Utilizza di nascosto il terminale della ricevitoria per giocare in proprio senza pagare la giocata, licenziamento legittimo

Il tribunale di Busto Arsizio ha dichiarato il licenziamento intimato alla lavoratrice legittimo, considerata la gravità della condotta relativa alla giocata di una schedina a titolo personale non autorizzata ed eseguita di nascosto. Questa condotta è stata considerata grave e tale da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro per il venir meno della fiducia riposta nella lavoratrice. Nel contempo il tribunale ha riconosciuto che la lavoratrice ha lavorato per l’azienda senza regolarizzazione previdenziale del rapporto di lavoro e applicando il contratto collettivo del settore le ha riconosciuto a titolo di differenze retributive la somma di 35 mila euro. Tribunale Busto Arsizio Sentenza n. 382/2022 pubbl. il 02/01/2023.

Il distacco del lavoratore presso altra impresa per essere genuino deve soddisfare rigorosi requisiti

“Il distacco del lavoratore, disciplinato dall’art. 30 del D. Lgs. 276/03, consiste in un provvedimento organizzativo con il quale il datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa. Affinché il distacco si possa considerare legittimo devono sussistere contemporaneamente i seguenti requisiti: 1) L’interesse del distaccante: come precisato dal Ministero del lavoro con Circolare n. 28/2005, deve essere specifico, rilevante, concreto e persistente, da accertare caso per caso, in base alla natura dell’attività espletata e non semplicemente in relazione all’oggetto sociale dell’impresa. Può trattarsi di qualsiasi interesse produttivo del distaccante, anche di carattere non economico, che tuttavia non può mai coincidere con l’interesse lucrativo connesso alla mera somministrazione di lavoro. 2) La temporaneità: il distacco deve essere necessariamente temporaneo. Tale previsione non incide sulla durata del distacco, breve o lunga che sia, ma sul presupposto che, qualunque sia la durata del distacco, non può trattarsi di passaggio definitivo. 3) Lo svolgimento di una determinata attività lavorativa: il lavoratore distaccato deve essere adibito ad attività specifiche e funzionali al soddisfacimento dell’interesse proprio del distaccante. Ne consegue che il provvedimento di distacco non può risolversi in una messa a disposizione del proprio personale in maniera generica e, quindi, senza predeterminazione di mansioni”. Tribunale di Monza sez. Lavoro Sentenza n. 352/2022 pubbl. il 28/12/2022.

Licenziare un disabile per superamento del comporto non è discriminazione

Un lavoratore handicappato è stato licenziato per superamento del periodo di comporto previsto dal contratto collettivo. Il licenziamento è stato impugnato perché si è ritenuto sussistente una discriminazione indiretta essendosi trattato un lavoratore svantaggiato nello stesso modo con chi svantaggiato non è. Il contratto collettivo non tratta in modo diverso la malattia legata alla disabilità rispetto a chi è ammalato ma non è disabile. Per il tribunale di Lodi non è discriminatorio trattare il lavoratore disabile con il medesimo periodo di comporto del lavoratore non disabile, che abbia goduto di un analogo periodo di malattia. Tribunale di Lodi, sentenza numero 19 pubblicata il 12 settembre 2022.

Con la somministrazione illecita i contributi li paga anche l’impresa appaltante

L’Inps ha notificato ad un'azienda appaltatrice di una pluralità di servizi conferiti a una società cooperativa un avviso di accertamento per i contributi previdenziali non versati dall’impresa appaltatrice per una pluralità di lavoratori utilizzati nell’appalto. L’Inps ha ritenuto responsabile l’impresa appaltante perché ha assunto l'esistenza di una somministrazione illecita di manodopera. La somministrazione illecita è stata configurata nella circostanza che il rapporto tra la società cooperativa appaltatrice e i suoi lavoratori assegnati all’appalto. fosse limitato alla mera gestione amministrativa e al pagamento delle retribuzioni, restando di fatto la cooperativa totalmente estranea all’esecuzione dei servizi dedotti in appalto e alla gestione delle prestazioni lavorative dei propri dipendenti. Dall'istruttoria è emerso in modo netto, l’esercizio da parte di una pluralità di lavorato dell'impresa appaltante dei tipici poteri datoriali esercitati nei confronti dei lavoratosi dipendenti della cooperativa. Tribunale di Milano sezione lavoro giudice dottoressa Colosimo Sentenza n. 2815/2022 pubbl. il 30/12/2022.

Cambia l'impresa appaltante ma senza cessione di ramo di azienda. 
Lavorano nell'appalto di reception e portineria del Politecnico di Milano prestando la loro attività alle dipendenze delle 4 imprese appaltatrici che nel tempo si sono aggiudicate l'appalto; alle dipendenze dell'ultima impresa aggiudicatrice rivendicano il diritto a continuare a godere dei trattamenti migliori che hanno conseguito nei rapporti di lavoro precedenti. L'ultima impresa appaltatrice rifiuta la richiesta. Il Tribunale di Milano riconosce il diritto affermando che il passaggio dell'appalto si configura come cessione di ramo di azienda con l'applicazione dell'art. 2112 cod. civ. Nel caso di specie il passaggio era avvenuto senza differenze organizzative con le precedenti imprese appaltatrici: l'assetto strutturale e sostanziale del servizio era il medesimo così come gli strumenti di lavoro utilizzati e le professionalità impiegate. Ai lavoratori è stata riconosciuta l'anzianità di servizio, l'inquadramento e il tempo pieno o il tempo parziale nella misura già goduta.
La Corte di Appello ha riformato la sentenza solo perché i lavoratori, rimasti contumaci in Appello non hanno saputo fornire la prova che con il passaggio dell'appalto, l'organizzazione del servizio era rimasta la medesima senza elementi di discontinuità rispetto a prima. Corte di Appello di Milano Sentenza n. 957/22 pubbl. il 05/12/2022.

L’account della posta elettronica non può essere controllato a fini disciplinari

La Corte di Appello di Milano ha ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro perché le prove acquisite con le indagini sull’account della posta elettronica non possono essere processualmente utilizzate contro la dipendente anche se la loro conoscenza è avvenuta per caso fortuito. Si tratta di controlli a distanza dell’attività lavorativa con l’uso degli strumenti informatici che sono avvenuti in violazione dell’art. 4 dello statuto. La lavoratrice, nell’interrogatorio libero reso in Tribunale, aveva ammesso di aver scaricato delle immagini che non doveva scaricare, ma questa confessione non è valsa ad impedirle, per decisione della Corte di Appello, di poter far ritorno sul posto di lavoro stante il divieto che impone la norma sui controlli informatici a distanza a tutela della privacy e della dignità.

Nell’appalto, per riconoscere l’anzianità di servizio occorre che ci sia la cessione di un ramo di azienda

Alcuni lavoratori hanno prestato la loro attività lavorativa nell'appalto dei servizi di pulizia. Cessato il contratto di appalto, i lavoratori hanno sostenuto che il loro rapporto di lavoro è continuato alle dipendenze della nuova impresa appaltatrice, con il diritto a vedersi applicare le condizioni di lavoro già in essere. Il Tribunale di Milano ha riconosciuto questo diritto perché l'appalto di prima e l'appalto di dopo erano sostanzialmente identici. La Corte di Appello di Milano ha riformato la sentenza perché i lavoratori non hanno provato l’esistenza della medesima identità dell'organizzazione del lavoro dal cedente al cessionario. La semplice cessione del rapporto di lavoro non costituisce cessione del ramo di azienda. La circostanza che i servizi prestati dal precedente e dal nuovo appaltatore sono analoghi non consente di concludere che sussista un trasferimento d'azienda. Per la Corte di Appello di Milano, perché si abbia la cessione dell'azienda o di un ramo di essa, occorre l'assenza di modifiche dell'organizzazione del servizio rispetto all'impresa cessante. L’impresa appaltatrice subentrante, nel rendere i servizi, ha adottato un diverso modello organizzativo, secondo le proprie metodologie, modificando in modo sostanziale le modalità di svolgimento del servizio e l’organizzazione. I lavoratori non hanno così ottenuto il riconoscimento dell'anzianità di servizio per l'attività prestata alle dipendenze della precedente impresa appaltatrice. Corte di Appello di Milano. Sentenza n. 957/22 pubbl. il 05/12/2022.

Quale contratto collettivo applicare

La Corte di appello di Milano sezione lavoro ha affermato che "ll Datore di lavoro – che ha applicato in via continuativa (sin dall’assunzione) il CCNL Sanità – non può pretendere di applicare alle medesime lavoratrici un diverso e successivo CCNL solo perché quest’ultimo avrebbe un ambito applicativo più ristretto e meglio rispondente all’attività esercitata". L'azienda è stata condannata perché in modo arbitrario e unilaterale aveva comunicato alle organizzazioni sindacali e ai lavoratori la volontà di non applicare più il contratto collettivo della sanità privata applicando da quel momento in poi il diverso contratto per il personale dipendente da residenza sanitaria assistenziale e centri di riabilitazione. Per il tribunale di Milano e la corte d'appello di Milano, l'azienda non aveva la facoltà di cambiare il contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro. I lavoratori hanno avuto il riconoscimento delle differenze retributive spettante con il precedente contratto collettivo della sanità privata. Sentenza n. 186/2023 pubbl. il 27/03/2023.

Il contratto collettivo lo scelgono liberamente le parti

01/05/2023 Con la lettera di assunzione al rapporto di lavoro è stato applicato il contratto collettivo delle imprese industriali esercente servizi di pulizia. La lavoratrice rivendica il diritto di avere l'applicazione del diverso contratto collettivo per i dipendenti non medici della sanità privata, in considerazione delle mansioni effettivamente svolte e del settore di... [Leggi tutto]

Il risarcimento non copre l'intero perido di disoccupazione

15/04/2023 La Corte di Appello di Brescia ha dichiarato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo illegittimo perché l'azienda non ha dato idonea e rigorosa prova dell’impossibilità  di poter adibire il lavoratore ad altre e diverse mansioni (obbligo del repêchage). L'inosservanza di questo obbligo comporta l'insussistenza del motivo posto a giustificazione del... [Leggi tutto]

insuborinazione, legittimo il licenziamento

15/04/2023 Il Tribunale di Busto Arsizio ha dichiarato legittimo il licenziamento disciplinare perché il lavoratore si è rifiutato di eseguire i lavori di pulizia che gli erano stati indicati dal suo responsabile ed aveva abbandonato il posto di lavoro dopo un alterco con il legale rappresentante della società. Il lavoratore, inoltre, è emerso che eseguiva i servizi con... [Leggi tutto]

Se il fatto disciplinare non sussiste, reintegrazione nel posto di lavoro

15/04/2023 Il Tribunale di Milano ha ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro perché il fatto di rilevanza disciplinare contestato e posto a fondamento del licenziamento per giusta causa è risultato insussistente. Per questa insussistenza è stata disposta la reintegrazione nel posto di lavoro anche se il rapporto di lavoro è disciplinato dal Jobs act per essere stato il... [Leggi tutto]

Niente anzianità di servizio col passaggio dell'appalto

15/04/2023 Lavorano nell'appalto di reception e portineria del Politecnico di Milano prestando la loro attività alle dipendenze delle 4 imprese appaltatrici che nel tempo si sono aggiudicate l'appalto; alle dipendenze dell'ultima impresa aggiudicatrice rivendicano il diritto a continuare a godere dei trattamenti migliori che hanno conseguito nei rapporti di lavoro precedenti. L'ultima impresa... [Leggi tutto]

Risarcimento dei danni per malattia professionale

15/04/2023 Il Tribunale di Bergamo ha condannato la A.E.M 3 Srl al risarcimento dei danni per la malattia professionale subita da un carpentiere saldatore che usava in modo costante e prolungato strumenti vibranti manuali con esposizione costante all'inalazione dei fumi di saldatura, a causa della carenza di dispositivi di protezione ambientali e individuali. L'ambiente di lavoro è stato... [Leggi tutto]

Un effetto della riforma del 2012 della legge Fornero

15/04/2023 La Corte di Appello di Brescia ha dichiarato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo illegittimo perché l'azienda non ha dato idonea e rigorosa prova dell’impossibilità  di poter adibire il lavoratore ad altre e diverse mansioni (obbligo del repêchage). L'inosservanza di questo obbligo comporta l'insussistenza del motivo posto a giustificazione del... [Leggi tutto]

Spetta al lavoratore provare di aver eseguito ore di lavoro straordinario

08/02/2023 Il lavoratore che ricorre dinanzi all’autorità giudiziaria per far accertare, tra l’altro, l'orario di lavoro effettivamente prestato e la conseguente corresponsione del compenso per il lavoro straordinario, ha l'onere di dimostrare di aver lavorato oltre l'orario normale di lavoro, senza che l'assenza di tale prova possa esser supplita dalla valutazione equitativa del... [Leggi tutto]

Riconosciuta l’esistenza del rapporto di lavoro domestico

08/02/2023 Il tribunale di Monza riconosce l'esistenza del rapporto di lavoro domestico provato attraverso le dichiarazioni dei testimoni che sono stati sentiti dal giudice. La lavoratrice prestava la sua attività lavorativa tutti i giorni ed era pagata con 10€ per ogni ora di lavoro prestato. Alla lavoratrice, a titolo di differenze retributive sono state riconosciute oltre 6000€. Il... [Leggi tutto]

Per impugnare il licenziamento orale non vi sono termini di decadenza

06/02/2023 La corte di appello di Milano sezione lavoro ha affermato che il lavoratore non ha l'onere di impugnare stragiudizialmente il licenziamento a lui comunicato in forma orale perché non essendoci la forma scritta, prevista per legge, non può esservi alcun termine dal quale poter fare decorrere l'obbligo di impugnare il licenziamento entro i 60 giorni dalla sua comunicazione. Contro... [Leggi tutto]