16/02/2014
Un quadro familiare armonico: marito, moglie, figlia e un’attività commerciale ben avviata e senza problemi economici. Lei accudisce la figlia e aiuta nel tempo libero il marito nelle attività del bar, fino a quando conosce un avventore, con il quale inizia una relazione che la spinge a lasciare il marito, dopo tanti anni di matrimonio.
Non bastasse, la moglie avanza anche la pretesa dell'esistenza nonostante che non vi sia alcun atto, di una impresa familiare nella gestione del bar e reclama la liquidazione della metà del valore dell'esercizio commerciale.
Il marito, affermando l'inesistenza dell'impresa familiare, per non averla mai pattuita, propone una soluzione conciliativa anche per non inasprire i rapporti ma lei continua ad andare per la sua strada portando in tribunale delle agende con i presunti incassi in nero del bar. Con la minaccia della guardia di finanza, cerca di premere sulla volontà del marito. Ma le sue richieste sono tali che il marito preferisce la guardia di finanza. Per lui le minacce della moglie e le indagini della guardia di finanza, hanno lo stesso valore intimidatorio.
La moglie chiede il sequestro conservativo dei beni del marito ma il tribunale rigetta l'istanza.
il giudice adesso vuole accertare l’effettiva posizione della moglie all'interno dell'azienda e ha disposto le prove testimoniali.
I primi testimoni hanno sconfessato la tesi della moglie perché non hanno confermato la sua presenza in azienda dalla mattina alla sera, tutti i giorni della settimana, come sostenuto nei suoi atti difensivi. La prova continua nella prossima udienza già fissata dal tribunale del lavoro. Milano 15 febbraio 2014.
Aggiornamento 12 marzo 2014.
Il tribunale, accogliendo le eccezioni difensive del marito, ha rigettato integralmente ogni richiesta di pagamento avanzata dalla moglie.
La difesa del marito ha sostenuto che l'impresa familiare deve sempre essere stata voluta e pattuita dai coniugi perché non é configurabile per il semplice fatto che ila moglie collabori nella gestione dell'attività. Nel caso concreto non é stata mai concordato tra i coniugi la costituzione tra loro di una impresa familiare. La collaborazione del coniuge deve, comunque, essere stata continua e prevalente su ogni altra attività e deve essere stata intesa come obbligatoria.
Tutti questi elementi nel caso concreto non sussistevano.
La difesa della moglie ha evidenziato la scarsa attendibilità dei testimoni, che hanno riferito che la moglie fosse presente in modo saltuario mentre la sua presenza nell'azienda era continua, come avrebbero dimostrato le numerose e mail scambiate con il commercialista.
Il giudice evidentemente é stato convinto dalle tesi giuridiche del marito. Ha rigettato le domande della moglie e l'ha condannata al pagamento delle spese di lite. Tra qualche giorno depositerà in cancelleria la motivazione della sua decisione.