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Attraverso la contrattazione sindacale si tenta di demolire lo statuto dei lavoratori

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22/01/2014

Si rischia la Babele del diritto del lavoro

Attraverso la contrattazione sindacale si tenta di demolire lo statuto dei lavoratori 

Il decreto-legge del 13 agosto 2011 n. 138 prevede che la contrattazione collettiva aziendale e quella territoriale, senza alcuna limitazione alla sua autonomia, possa disciplinare in modo diverso dalla normativa statale, derogandovi in tutto o in parte, "le conseguenze del recesso del rapporto di lavoro". In questo modo, tramite la contrattazione collettiva aziendale o quella territoriale, le conseguenze di un licenziamento invalido possono essere disciplinate in modo diverso da quello previsto per legge. 
Ogni azienda in questo nuovo sistema in materia di licenziamenti può avere la sua particolare disciplina così come ogni specifico territorio nazionale. La Lombardia può avere una disciplina completamente diversa dalla Sicilia così come la provincia di Bergamo da quella di Milano o la città di Milano dal resto della sua provincia. Potremo avere così le “gabbie sulle conseguenze del licenziamento”, con un territorio nazionale diviso a scacchiera, con una babele di norme e di discipline diverse.
Che cosa significa, in concreto, la riforma introdotta con il nuovo decreto legge? È presto detto. L'articolo 18 dello statuto dei lavoratori prevede che le imprese che occupano più di 15 addetti, in conseguenza di un licenziamento illegittimo hanno l'obbligo di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro, a corrispondergli il risarcimento del danno pari alla retribuzione persa e, comunque, non inferiore a cinque mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto percepita, oltre al versamento dei contributi previdenziali. Con la nuova normativa introdotta con il decreto-legge menzionato, il contratto collettivo aziendale, stipulato tra l'impresa e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ovvero dalle rappresentanze sindacali operanti in azienda, possono disciplinare in modo completamente diverso le conseguenze di questo licenziamento illegittimo intimato dall'impresa.
L'accordo sindacale aziendale o l'accordo sindacale territoriale può prevedere anche un licenziamento a costo zero per l'impresa che lo ha intimato in modo illegittimo, senza così più prevedere la reintegrazione nel posto di lavoro, il risarcimento del danno e il versamento dei contributi previdenziali oppure prevedere la conseguenza della corresponsione di una sola e semplice indennità risarcitoria, con esclusione di ogni ulteriore diritto del lavoratore ivi compreso quello di ritornare effettivamente a lavorare in quel posto dal quale ingiustamente è stato espulso.
Se le organizzazioni sindacali sono adesso dotate per legge di questo enorme ed eccezionale potere di decidere e incidere profondamente sui diritti dei lavoratori, anche di quelli che non sono iscritti alla organizzazione sindacale stessa, occorre che si attui con immediatezza la previsione dell'art. 39 della costituzione imponendo la loro registrazione ed esigendo una effettiva e reale democrazia interna nella formazione dei dirigenti e nella loro elezione. Senza la loro registrazione e senza la certezza sugli iscritti è ben difficile dare concretezza e certezza al concetto di rappresentatività e di maggior rappresentatività.
Non può un sindacato essere dotato di così ampi poteri dispositivi sui diritti dei lavoratori, come se si trattasse di un parlamento in funzione legislativa, su iscritti e non, rimanendo soggetto solo alle insufficienti norme giuridiche di una semplice associazione non riconosciuta. 
La nuova normativa non è detto che regga ad un penetrante esame da parte della nostra Corte Costituzionale eventualmente chiamata a verificarne la corrispondenza ai nostri principi Costituzionali. I dubbi certamente esistono e sono tanti.
Milano 15 agosto 2011.

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