05/03/2019
La corte di appello pone a carico del marito l'obbligo di corrispondere alla moglie un assegno mensile di mantenimento pari a € 2000. La decisione poggiava sul fatto che la moglie non lavorava per potersi dedicare alla famiglia, il marito era un professionista affermato ed era proprietario di numerosi immobili mentre la moglie non aveva fonti di reddito diverse dall'assegno percepito dal coniuge e non disponeva di proprietà immobiliari proprie. La casa, dove la moglie viveva con la figlia minore, era condotta in locazione ad un canone mensile di euro 1830. In questa casa viveva anche il marito all'epoca in cui tra i coniugi vi era comunione familiare. Il marito propone ricorso in Cassazione contro la sentenza della corte di appello contestando che il contributo posto a suo carico fosse ragionevole, equo ed equilibrato.
La Cassazione ha respinto il ricorso; la Cassazione, innanzitutto, ha rilevato che la separazione personale, a differenza dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, " sicché i redditi adeguati che l'altro coniuge deve avere sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell’assegno di divorzio (Cass. n. 12196 del 16/05/2017, rv. 644070 -01)."
Per la cassazione, inoltre, non ha ogni rilievo la circostanza relativa all'astratta capacità lavorativa della moglie perché ""in riferimento all’assegno di mantenimento a seguito di separazione, l’attitudine del coniuge al lavoro assume rilievo solo se venga riscontrata in termini di effettiva sopravvenuta possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale ed ambientale, e non già di mere valutazioni astratte ed ipotetiche” .
Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 10 ottobre – 4 dicembre 2017, n. 28938.
Nella foto: affresco proveniente da Pompei che raffigura il ricco panettiere Terenzio con sua moglie. Opera esposta al Nuseo Archeologico di Napoli.
Per la difesa davanti ai giudici è consentito produrre anche i documenti personali e riservati
“Giova ribadire che la produzione in giudizio di documenti contenenti dati personali è sempre consentita ove sia necessaria per esercitare il proprio diritto di difesa, anche in assenza del consenso del titolare e quali che siano le modalità con cui è stata acquisita la loro conoscenza: dovendo, tuttavia, tale facoltà di difendersi in giudizio, utilizzando gli altrui dati personali, essere esercitata nel rispetto dei doveri di correttezza, pertinenza e non eccedenza previsti dalla L. n. 675 del 1996, art. 9, lett. a) e d), sicché la legittimità della produzione va valutata in base al bilanciamento tra il contenuto del dato utilizzato, cui va correlato il grado di riservatezza, con le esigenze di difesa.” ( Cass. civ., sez. lav., sent., 12 novembre 2021, n. 33809)