23/12/2024
CORTE DI APPELLO DI MILANO
La prova del licenziamento verbale è stata desunta da comportamento tenuto dall’azienda.
Il dipendente autista si presenta al mattino per rendere normalmente la sua prestazione lavorativa ma non gli vengono consegnate le bolle e gli viene riferito da un semplice addetto del magazzino di andarsene a casa, perché il suo rapporto di lavoro era terminato. La Corte di Appello di Milano ha ritenuto sussistente il licenziamento verbale imputabile all'azienda perché occorreva considerare la "portata del comportamento inerte dell'azienda" che, a fronte dell'immediata impugnazione da parte dell'autista della sua estromissione verbale dal luogo di lavoro e della sua contestuale messa a disposizione della datrice di lavoro per la ripresa dell'attività lavorativa, "è rimasta totalmente silente, avendo omesso di fornire le indicazioni su tempi, modi e luogo della prosecuzione del rapporto di lavoro, indicazione a quel punto indispensabile dovute in virtù dei principi di correttezza e buona fede e dei correlati obblighi di collaborazione”. Corte di Appello di Milano sentenza n. 784 dell'11 novembre 2024. Giudice estensore dott.ssa Serena Sommariva.
Il lavoratore deve restituire all’azienda il netto percepito e non il lordo
Il lavoratore è stato condannato a restituire all'azienda le somme percepite al netto in conseguenza di un patto di non concorrenza dichiarato nullo. L'azienda ha chiesto la restituzione delle somme corrisposte al lordo. La Corte di Appello, invece, ha accolto la domanda sulla restituzione ma solo sulla somma netta ricevuta dal lavoratore, oltre la rivalutazione monetaria e gli interessi legali dalla data del suo percepimento. Per la Corte di Appello "la restituzione di quanto indebitamente corrisposto al lavoratore può avere ad oggetto esclusivamente l’importo netto delle somme erogate, essendo il datore di lavoro il solo soggetto legittimato a chiedere la restituzione al Fisco e all’ente previdenziale delle ritenute operate sulla retribuzione erogata al dipendente." Sentenza Corte di Appello di Milano n. 890 dell'11 novembre 2024. Consigliere estensore Cuomo.
TRIBUNALE DI MILANO
Il licenziamento può essere revocato senza conseguenze negative per l’azienda entro 15 giorni dall’impugnazione
Il datore di lavoro intima il licenziamento con lettera del 5 luglio 2024 per chiusura della sede operativa presso la quale la lavoratrice era addetta e l'impossibilità di avvalersi della sua opera in altro settore aziendale. La lavoratrice ha contestato la legittimità del licenziamento e l'azienda provvedeva a reintegrarla nel posto di lavoro, con lettera del successivo 23 luglio 2024.Nonostante la riammissione in servizio, la ricorrente ha depositato ugualmente il ricorso in Tribunale avente ad oggetto l’impugnazione del licenziamento. Il Tribunale di Milano ha rigettato l’impugnazione perché l'azienda ha rispettato la previsione dell'articolo 18 dello statuto, avendo ripristinato il rapporto di lavoro entro 15 giorni dalla comunicazione dell'impugnazione. La lavoratrice è stata condannata al pagamento delle spese di lite a favore dell'azienda. Tribunale di Milano sentenza n. 4998 pubblicata il 14 novembre 2024 giudice Dottor Perillo.
Patto di prova valido se stipulato da una delle società facente parte dell’associazione temporanea di impresa
Due società costituiscono tra loro un'associazione temporanea di impresa per la gestione di un cantiere. Successivamente, una delle due società assume alle sue dipendenze un tecnico dell'altra società, apponendo al contratto di lavoro un patto di prova. Il lavoratore ha assunto la nullità di questo patto, perché le sue capacità lavorative erano già state sperimentate dal suo nuovo datore di lavoro nell'ambito dell'esecuzione delle attività nell'associazione temporanea di impresa. Il Tribunale ha rigettato la domanda, perché ha ritenuto irrilevante la circostanza che il lavoratore abbia prestato la sua attività lavorativa nel raggruppamento temporaneo di imprese per la gestione di quel cantiere. Si tratta di due datori di lavoro diversi anche se le mansioni svolte alle dipendenze del nuovo datore di lavoro erano sovrapponibili a quelle precedenti. Il patto di prova è stato ritenuto valido ed il ricorso rigettato. Tribunale di Milano sentenza n. 5034 del 13 novembre 2024 giudice Dottor Lombardi.
TRIBUNALE DI LODI
La busta paga fa prova contro il datore di lavoro.
Per il Tribunale di Lodi la busta paga ha natura di confessione stragiudiziale, sicché hapiena efficacia di prova legale, vincolante quanto alle indicazioni ivi contenute, solo laddove queste siano chiare e non contraddittorie; diversamente, qualora riporti altri fatti tendenti ad estinguere gli effetti del credito del lavoratore riconosciuto nel documento (nella specie, l’indicazione di un controcredito del datore di lavoro per risarcimento del danno), essa è una fonte di prova soggetta alla libera valutazione del giudice, che dovrà estendersi al complesso dei fatti in esso esposti. Tribunale di Lodi sentenza n. 496 del 12 novembre 2024. Giudice Dottor Manfredi.
TRIBUNALE DI MONZA
Licenzia il lavoratore ma cerca altro personale per sostituirlo: licenziamento illegittimo.
Il Tribunale di Monza ha dichiarato l'illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, perché, nel mentre la società ha intimato il licenziamento con l'esigenza di una significativa riduzione dei costi aziendali e l'impossibilità di una diversa ricollocazione lavorativa in altre mansioni, è emerso che pochi giorni dopo il licenziamento l'azienda ha pubblicato annunci di lavoro per mansioni che avrebbero potuto essere offerte al lavoratore licenziato, con la conseguente violazione dell'obbligo di repêchage. L'azienda non ha provato così la fondatezza dei motivi posti a fondamento del licenziamento, così come non ha provato di aver ottemperato all'obbligo di ricollocazione del lavoratore. Sentenza Tribunale di Monza n. 315 dell'11 novembre 2024, giudice dott.ssa Antenore.
TRIBUNALE DI BERGAMO
Se il contratto di appalto è fittizio, vi è somministrazione illecita di manodopera.
Per il Tribunale di Bergamo, si ha un fittizio contratto di appalto (cd. "appalto di manodopera"), che maschera una interposizione illecita di manodopera, quando lo pseudo-appaltatore si limita a mettere a disposizione dello pseudo-committente le mere prestazioni lavorative dei propri dipendenti, che finiscono per essere alle dipendenze effettive di quest'ultimo, il quale detta loro le direttive sul lavoro, esercitando su di essi i tipici poteri datoriali, nella mancanza da parte del presunto appaltatore di una autonoma organizzazione funzionale e gestionale e del rischio di impresa. Nulla vieta che oggetto dell'appalto (lecito) sia un'attività o un servizio realizzato prevalentemente o anche esclusivamente mediante prestazioni lavorative con scarsi o nulli mezzi materiali.In ques ti casi il discrimine tra appalto lecito e interposizione irregolare è dato dal fatto che le prestazioni lavorative non siano meramente fornite all'appaltante dall'appaltatore, ma da questi gestite e organizzate con assunzione del rischio d'impresa e con apporto professionale specifico che aggiunga un quid pluris al valore intrinseco di tali prestazioni. Sentenza Tribunale di Bergamo n. 1262 del 28 novembre 2024 giudice dott.ssa Giulia Bertolino
TRIBUNALE DI MANTOVA
Non accetta la costituzione della rsu ma il comportamento non è antisindacale.
Il Tribunale di Mantova ha negato l'esistenza di un comportamento antisindacale a carico di un'azienda con uno stabilimento periferico a Castelbelforte che non ha accettato la costituzione di una RSU perché lo stabilimento non costituiva, a suo dire, una rilevante componente dell'impresa, in quanto capace di realizzare, con i connotati dell'indipendenza tecnica ed amministrativa, una frazione dell'attività produttiva aziendale. Questo stabilimento non aveva i requisiti per poter essere definito come unità produttiva, essendo solo una mera articolazione aziendale di altro stabilimento dove si svolgevano le attività amministrative unitamente a quelle generali della produzione. Il sito periferico non ha mai disposto di risorse e capacità decisionale propria sulla produzione di beni o servizi. Il dipendente di più alto grado è stato sempre sprovvisto di potere di rappresentanza, di firme e di spesa. Questa realtà aziendale periferica non costituisce unità produttiva, con la conseguenza che la RSU ivi eletta non deve ritenersi legittimamente costituita non avendo così diritto ai permessi sindacali. Tribunale di Mantova sentenza del 30 novembre 2024.