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Osservatorio della giurisprudenza del lavoro dei giudici della Lombardia

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18/10/2024

Rassegna ottobre 2024

CORTE DI APPELLO DI MILANO

 Anche se in carcere ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro

Il Tribunale ordina la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro perché estromesso dal posto di lavoro senza la lettera di licenziamento e senza la preventiva contestazione del fatto disciplinare che l'azienda gli avrebbe addebitato. Contro la sentenza ha proposto Appello l'azienda sostenendo l'impossibilità di poter reintegrare il lavoratore perché in stato di detenzione carceraria. Il Tribunale ha respinto l'Appello perché lo stato di detenzione è pacificamente intervenuto in epoca successiva al licenziamento e per fatti estranei al rapporto di lavoro. L'azienda ha l'obbligo di eseguire l'ordine di reintegrazione come disposto dal Tribunale, salva la possibilità di poter intimare successivamente un nuovo licenziamento per sopravvenuta temporanea impossibilità della prestazione lavorativa. Sentenza Corte di Appello di Milano pubbl. il 27 settembre 2024; relatore dott.ssa Cuomo.

  

CORTE DI APPELLO DI BRESCIA

I principi per ottenere il riconoscimento di un superiore inquadramento

La Corte di Appello di Brescia, in materia di domanda diretta ad ottenere un superiore inquadramento, ha affermato che è onere  del lavoratore di dimostrare la natura e il periodo di tempo durante il quale sono state svolte le mansioni superiori, così come è a suo carico  dimostrare le norme del contratto di lavoro individuale o di quello collettivo in forza delle quali viene chiesta la superiore qualifica e la coincidenza delle mansioni svolte con quelle descritte dalla norma di diritto di cui si chiede l'applicazione. Corte di Appello di Brescia sentenza n. 164 pubbl. il 3 ottobre 2024. Consigliere relatore dott.ssa Silvia Mossi.

 La diminuzione del fatturato rende legittimo il licenziamento

La farmacia licenzia una delle impiegate perché nel corso degli anni, dal 2018 al 2021, aveva subito un obiettivo calo di fatturato che era passato da €1.707.331,00 nell’anno 2017 ad € 1.425.925,00 nell’anno 2021, diminuendo ulteriormente nell’anno 2022 ad € 1.392.456,00. Il Tribunale di Brescia prima e la Corte di Appello poi hanno ritenuto legittimo il licenziamento perché il giustificato motivo oggettivo può essere integrato anche dall’ipotesi di riassetti organizzativi attuati per la più economica gestione dell’azienda, purché si tratti di assetti non pretestuosi e strumentali, in quanto diretti a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti che influiscano decisamente sulla normale attività produttiva, restando comunque insindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità la relativa scelta imprenditoriale e senza che la necessaria verifica dell’effettività di tale scelta comporti un’indagine in ordine ai margini di convenienza e di onerosità di costi connessi al sistema organizzativo modificato dall’imprenditore. Per la Corte d'Appello "In sostanza, una volta accertata l’effettività della riorganizzazione e dell’esubero, non si può indagare la scelta operata dal datore di muoversi nel senso della riduzione del personale con conseguente soppressione dei relativi posti di lavoro, piuttosto che in direzioni diverse, atteso che una simile indagine esula dal sindacato del giudice, il quale non si può spingere ad accertare se la ristrutturazione o la riorganizzazione aziendale sia derivata da validi ed apprezzabili motivi economico-finanziari, atteso che in ordine a questo tipo di scelte (relative agli assetti organizzativi o produttivi), il datore di lavoro gode di una riserva di autonomia, garantita dall’art.41 della Costituzione." Corte di Appello di Brescia sentenza n. 84, pubbl. il 3 ottobre 2024. Presidente relatore dott.ssa Finazzi.

 

Il lavoratore davanti al giudice ha sempre il dovere di provare il fondamento delle sue domande, anche se il datore di lavoro non si difende.

La previsione del codice di procedura civile dell'obbligo dell'azienda di formulare nella memoria difensiva, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito nonché di prendere posizione precisa in ordine alla domanda e di indicare le prove di cui intenda avvalersi non esclude il potere-dovere del giudice di accertare se il lavoratore abbia dato dimostrazione probatoria dei fatti costitutivi e giustificativi delle sue pretese, indipendentemente dalla circostanza che, in ordine ai medesimi, siano state o meno proposte dall'azienda, legittimata a contraddire, contestazioni specifiche, difese ed eccezioni. Sentenza Corte di Appello di Brescia n. 199 del 4 ottobre 2024. Giudice relatore Silvia Mossi.

 

TRIBUNALE DI MILANO

Le prove acquisite con le videocamere abusive non sono utilizzabili contro il lavoratore.

L'azienda contesta al lavoratore di essersi reso autore in più occasioni di furti di merce (centinaia di migliaia di euro in pochi mesi) posta all'interno del magazzino. Il lavoratore ha impugnato il licenziamento, sostenendo la illegittimità della condotta aziendale per aver installato abusivamente degli impianti audiovisivi che avrebbero ripreso la sottrazione delle merci. Le video camere erano state installate senza l'accordo sindacale previsto dallo statuto dei lavoratori.

Il Tribunale ha accolto il ricorso del lavoratore. Per la installazione delle video camere era necessario l'accordo con le organizzazioni sindacali o la preventiva autorizzazione della sede territoriale dell'ispettorato del lavoro. I controlli difensivi sono legittimi e l'azienda ben può installare le video camere all'interno, ma quest'istallazione deve avvenire nel rispetto delle forme di legge: l'accordo sindacale o in alternativa l'autorizzazione dell'ispettorato del lavoro. Il lavoratore è stato reintegrato nel posto di lavoro. Tribunale di Milano sentenza n. 3911 del 24 settembre 2024 presidente dott.ssa Ghinoy.

 

L’azienda che subentra nell’appalto condannata ad assumere la lavoratrice.

Con la cessazione del contratto di appalto, l'azienda licenzia i lavoratori occupati. Per accordo sindacale i lavoratori occupati nell'appalto hanno il diritto di proseguire il rapporto di lavoro con la nuova società che ha acquisito l'appalto. Per uno di questi lavoratori, però, la nuova azienda appaltatrice rifiuta l'assunzione.

Il Tribunale di Milano ha dichiarato il diritto della lavoratrice di proseguire la sua attività lavorativa alle dipendenze della nuova impresa appaltatrice, costituendo così d'imperio il rapporto di lavoro. Allo stesso tempo, la società è stata condannata a pagare alla lavoratrice tutta la retribuzione persa dalla data del licenziamento sino alla data della sua riammissione in servizio. Il Tribunale ha affermato che a nulla vale la circostanza che la lavoratrice nell'occasione abbia richiesto ed abbia percepito la naspi. Tribunale di Milano sentenza n. 4100, pubbl. il 27 settembre 2024, giudice Dottor Atanasio.

 

Il licenziamento non è valido se comunicato solo all’ufficio pubblico

Durante la sua assenza per malattia, la lavoratrice apprende, recandosi presso gli uffici pubblici interessati, che il suo rapporto di lavoro era cessato da quattro mesi. La lavoratrice ha chiesto così al Tribunale che  il licenziamento fosse dichiarato inefficace perché intimato senza forma scritta. Il Tribunale ha accolto la domanda perché la lavoratrice ha idoneamente provato che la sua estromissione dal posto di lavoro era riconducibile a volontà dell'azienda. Il licenziamento adottato con la semplice comunicazione agli uffici pubblici deve ritenersi come licenziamento privo della forma scritta perché non comunicato nelle forme di legge all'interessata. Il Tribunale ha ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro con la tutela forte. Tribunale di Milano sentenza n. 4153 del 26 settembre 2024. Giudice dott.ssa Julie Martini.

 

La clausola di durata minima del rapporto di lavoro a favore dell'azienda è nulla se non ha un corrispettivo a favore del lavoratore.

Il lavoratore è stato assunto alle dipendenze di un'azienda con una clausola di durata minima garantita del rapporto di lavoro a favore dell'azienda pari a 12 mesi dalla data di firma, clausola che obbligava il dipendente, in caso di recesso anticipato, al risarcimento del danno prodotto e provato pari a 3 mensilità della sua retribuzione annua lorda, a titolo di penale e parziale corrispettivo per l’insegnamento e la formazione impartiti. Il lavoratore, dopo qualche mese, ha presentato le dimissioni; il datore di lavoro, prendendo atto che il lavoratore aveva presentato le dimissioni in anticipo rispetto alla scadenza prevista, gli ha trattenuto tre mensilità a titolo di risarcimento del danno. Il Tribunale, su ricorso del lavoratore, ha ritenuto la clausola della durata minima garantita a favore del datore di lavoro viziata da nullità perché il lavoratore può liberamente pattuire la durata minima del rapporto di lavoro nell'interesse del datore di lavoro purché "sia limitata nel tempo e sia previsto un corrispettivo". Questo corrispettivo deve essere proporzionato al sacrificio richiesto al lavoratore e non deve essere simbolico. La clausola è stata ritenuta nulla perché nella sua formulazione vi è stata l'assenza di corrispettività trattandosi di sacrifici imposti al solo lavoratore, il solo tenuto al risarcimento del danno in caso di recesso anticipato.  Sentenza Tribunale di Milano n. 3337 pubbl. il 26 settembre 2027 giudice dott.ssa Florio.

 

TRIBUNALE DI PAVIA

Se passano più di cinque anni dalla cessazione del rapporto di lavoro, il diritto si prescrive.

Il lavoratore si rivolge al Tribunale sostenendo di aver prestato attività lavorativa per quasi cinque anni ,dal 2012 al 2017 ,senza regolarizzazione del rapporto di lavoro prestando la sua attività con un orario a tempo pieno, per tutti i giorni della settimana. Il datore di lavoro si è costituito nella causa eccependo la prescrizione quinquennale del diritto. La prescrizione è stata ritenuta fondata dal Tribunale perché, essendo il rapporto di lavoro cessato nel mese di maggio 2017, la prescrizione doveva essere interrotta entro il mese di maggio 2022. La pec dell'avvocato del lavoratore, con la richiesta del pagamento delle somme, è stata inviata solo nel mese di settembre 2022, quando ormai il termine dei cinque anni dalla cessazione del rapporto di lavoro era già decorso. Con il rigetto delle domande, il lavoratore è stato condannato anche al pagamento delle spese di lite a favore dell'azienda. Tribunale di Pavia sentenza n. 450 pubbl. il 1° ottobre 2024. giudice dott. Federica Ferrari.

 

TRIBUNALE DI MONZA

Se il licenziamento è sproporzionato nella piccola impresa vi è il diritto all’indennità risarcitoria

L'azienda licenzia il lavoratore per giusta causa. Il Tribunale, invece, ha ritenuto il provvedimento eccessivo e sproporzionato rispetto al fatto contestato. Conseguentemente, ha dichiarato risolto il rapporto di lavoro tra le parti con il riconoscimento della sola tutela indennitaria applicandosi al rapporto di lavoro il regime del Jobs act della piccola impresa non occupando l'azienda più di 15 addetti. Al lavoratore è stata riconosciuta, per essere stato assunto nel 2017, un'indennità pari a quattro mensilità di retribuzione. Sentenza Tribunale di Monza n. 671 pubbl. il 30 settembre 2024. giudice dott.ssa Simona Improta.

 Nullo il patto di prova se apposto dopo l’inizio dell’attività lavorativa

Il Tribunale ha riconosciuto l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato già in epoca antecedente alla formale assunzione della lavoratrice con un contratto di lavoro subordinato a termine. In conseguenza di questo riconoscimento è stato dichiarato nullo e privo di ogni effetto il termine apposto al contratto al momento della formale assunzione perché formato in epoca successiva all'inizio effettivo del rapporto di lavoro.

Tribunale di Monza, sentenza n. 632 pubbl. il 20 settembre 2024 giudice dott.ssa Simona Improta.

 TRIBUNALE DI LECCO

 Alla lavoratrice domestica con il licenziamento illegittimo spetta solo le indennità sostitutiva del preavviso.

La lavoratrice domestica è stata licenziata per giusta causa per delle gravi inadempienze. Il licenziamento è stato impugnato perché non è stato preceduto dalla formale contestazione dell'addebito, con l'assolvimento della procedura dell'articolo 7 dello statuto dei lavoratori (contestazione del fatto disciplinare con la concessione del termine per la presentazione delle giustificazioni). Il tribunale ha dichiarato la nullità del licenziamento della domestica per essere stato adottato senza il preventivo rispetto della procedura prevista dallo statuto dei lavoratori ma ha condannato il datore di lavoro al pagamento della sola indennità sostitutiva del preavviso non avendo il diritto all'ulteriore risarcimento del danno che spetta solo ai lavoratori dipendenti da impresa. Tribunale di Lecco sentenza numero 437 pubblicata il 24 luglio 2024, giudice dott.ssa Trovò.

  TRIBUNALE DI BERGAMO

 Impiegata infedele esegue bonifici a favore del convivente, condannata a restituire le somme.

L'azienda agisce avanti il Tribunale di Bergamo sostenendo che una sua dipendente infedele, addetta alla contabilità generale, aveva eseguito una pluralità di bonifici a favore del suo convivente che non aveva crediti nei confronti dell'azienda. La somma sottratta è stata di 97 mila euro. L'azienda ha così chiesto al Tribunale che la lavoratrice fosse condannata alla restituzione della somma indebitamente sottratta oltre al lucro cessante. Il Tribunale ha accolto la domanda del pagamento sulla somma sottratta ma non ha accolto quella diretta ad ottenere anche il risarcimento del danno per il lucro cessante. Sentenza Tribunale di Bergamo n. 1068 pubbl. Il 3 ottobre 2024. Giudice dott.ssa Monica Bertoncini.

 

Il contratto collettivo lo scelgono liberamente le parti

01/05/2023 Con la lettera di assunzione al rapporto di lavoro è stato applicato il contratto collettivo delle imprese industriali esercente servizi di pulizia. La lavoratrice rivendica il diritto di avere l'applicazione del diverso contratto collettivo per i dipendenti non medici della sanità privata, in considerazione delle mansioni effettivamente svolte e del settore di... [Leggi tutto]

Niente anzianità di servizio col passaggio dell'appalto

15/04/2023 Lavorano nell'appalto di reception e portineria del Politecnico di Milano prestando la loro attività alle dipendenze delle 4 imprese appaltatrici che nel tempo si sono aggiudicate l'appalto; alle dipendenze dell'ultima impresa aggiudicatrice rivendicano il diritto a continuare a godere dei trattamenti migliori che hanno conseguito nei rapporti di lavoro precedenti. L'ultima impresa... [Leggi tutto]

Spetta al lavoratore provare di aver eseguito ore di lavoro straordinario

08/02/2023 Il lavoratore che ricorre dinanzi all’autorità giudiziaria per far accertare, tra l’altro, l'orario di lavoro effettivamente prestato e la conseguente corresponsione del compenso per il lavoro straordinario, ha l'onere di dimostrare di aver lavorato oltre l'orario normale di lavoro, senza che l'assenza di tale prova possa esser supplita dalla valutazione equitativa del... [Leggi tutto]