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L’erogazione dell’indennità di trasferta si giustifica se lo spostamento del lavoratore in quel luogo è temporaneo

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15/07/2020

In caso contrario su quelle somme devono essere versati i contributi previdenziali

La IRNERIO scarl propone opposizione alla cartella esattoriale con la quale l’INPS gli aveva intimato il pagamento di oltre 90.898 Euro a titolo di contributi previdenziali dovuti per le somme corrisposte (formalmente a titolo di indennità di trasferta) a lavoratori assunti per l’esecuzione di un appalto in sede diversa da quella aziendale. Il Tribunale rigetta l’opposizione la Corte d’Appello l’accoglie. In particolare, si trattava di lavoratori residenti nella provincia di Napoli che erano stati assunti in Bologna da azienda napoletana per svolgere lavori edili solo in un cantiere di Bologna, mentre il Tribunale aveva ritenuto che l’indennità erogata non poteva ritenersi trasferta ma costituiva retribuzione, la Corte d’Appello ha seguito l’opposta soluzione, valorizzando la diversità tra la sede aziendale e la sede del cantiere e l’effettività della trasferta delle maestranze dal territorio di loro residenza a quello di esecuzione dei lavori, e facendone derivare l’assoggettabilità al regime contributivo di favore previsto per l’indennità di trasferta dall’art. 51, comma 5 del TUIR.
La controversia per iniziativa dell’Inps  finisce in Cassazione che accoglie i motivi di doglianza dell’istituto previdenziale dichiarando che si tratta di somme da sottoporre a contribuzione previdenziale.

 La sentenza della Cassazione è stata così motivata:”

In fatto, è pacifico che i lavoratori, residenti nel napoletano, sono stati assunti da azienda avente sede ad (…) e dunque nel medesimo territorio; la loro assunzione è stata effettuata a Bologna, come risulta dalla comunicazione al centro per l’impiego di Bologna; la prestazione lavorativa è stata espletata unicamente a Bologna, per l’esecuzione di appalto temporaneo che l’azienda aveva per la ristrutturazione di un plesso scolastico felsineo.
In diritto, deve rilevarsi che la trasferta è emolumento corrisposto al lavoratore in relazione a prestazione effettuata per limitato periodo di tempo e nell’interesse del datore di lavoro al di fuori della ordinaria sede di lavoro, volto proprio a compensare al lavoratore i disagi derivanti dall’espletamento del lavoro in luogo diverso da quello previsto (cfr. Cass. 14.9.07, n. 19236; cfr. pure Sez. L, Sentenza n. 8004 del 14/08/1998, Rv. 518045 - 01, secondo la quale la cosiddetta trasferta si distingue dal trasferimento perché è indefettibilmente caratterizzata dalla temporaneità dell’assegnazione del lavoratore ad una sede diversa da quella abituale, con la conseguenza che non spetta l’indennità di trasferta a chi esplica in maniera fissa e continuativa la propria attività presso una determinata località, anche se la sede di servizio risulti formalmente fissata in luogo diverso, dove, peraltro, il lavoratore non ha alcuna necessità di recarsi per l’espletamento delle mansioni affidategli).
Nella specie, vi è coincidenza tra il luogo di assunzione ed il luogo di prestazione dell’attività lavorativa, sicché i lavoratori non hanno eseguito la prestazione al di fuori della sede lavorativa e nessuna scissione vi è tra sede lavorativa e luogo di espletamento del lavoro. Non si è verificata dunque una trasferta dei lavoratori da Napoli a Bologna in quanto i lavoratori hanno lavorato sempre e solo a Bologna, cioè nello stesso luogo in cui sono stati assunti. Né possono assumere rilievo alcuno le circostanze che la sede legale dell’impresa datoriale e la residenza dei lavoratori erano diverse da quelle in cui si svolgeva l’attività lavorativa, non essendo tali luoghi rilevanti per la identificazione di una trasferta in senso tecnico.” 

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 19 febbraio – 8 luglio 2020, n. 14380
Presidente Manna – Relatore Buffa.

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