28/02/2018
Un netturbino è deceduto nell'esercizio dell'attività lavorativa. il lavoratore le cui precarie condizioni di salute erano certificate, era stato adibito all'attività di netturbino senza limitazioni, e sottoposto agli sforzi e alle condizioni climatiche nella città di Agrigento che detta attività comportava, subendo malori ricorrenti e altresì svenimenti durante il lavoro. il Comune aveva adibito il lavoratore a distribuire sacchetti e saltuariamente a svolgere altri lavori leggeri su sua richiesta, dopo che l'Ufficio di Medicina Legale e Fiscale dell'Usi di Agrigento, nel 1989, aveva riconosciuto il lavoratore. inidoneo a svolgere le mansioni della qualifica rivestita, sebbene idoneo a svolgerne altre d'identico livello retributivo, in quanto affetto da "Ischemia cardiaca con crisi di angor ricorrenti anche allo stato di riposo"; che il lavoratore, incurante del suo stato di salute e dell'ordine di servizio con cui veniva assegnato ad altri servizi corrispondenti alla qualifica, si sottoponeva senza alcuna imposizione da parte dei suoi sovraordinati a mansioni che comportavano sforzi eccessivi a causa dei quali - nel 1999 - era deceduto. La cassazione, nel respingere le critiche alla sentenza che aveva riconosciuto il diritto degli eredi al risarcimento dei danni, ha colto l’occasione per affermare che esiste nel nostro ordinamento il “fondamentale dovere di prevenzione che l'art. 2087 cod. civ. pone in capo al datore, in capo al quale la norma pone un preciso obbligo di controllare che il lavoratore, nell'esercizio dell'attività, osservi le prescrizioni datoriali concernenti l'esecuzione della prestazione in condizioni di sicurezza.“ Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza n. 3978/18; depositata il 19 febbraio.