21/07/2017
Dopo aver evitato il referendum sul lavoro occasionale, il Parlamento ha emanato improvvisamente una nuova legge, diversa dalla prima. Innanzitutto, al lavoro occasionale, non possono far ricorso le imprese che operano nel settore agricolo, dell’edilizia, e per eseguire appalti di opere o di servizi, qualunque sia il numero dei dipendenti occupati alle loro dipendenze. Le altre imprese, invece, unitamente ai professionisti, possono ricorrere al lavoro occasionale a condizione che non abbiano alle loro dipendenze più di cinque addetti.
I nuovi principi per le imprese e i professionisti che occupano fino a cinque dipendenti a tempo indeterminato e che vogliono ricorrere al lavoro occasionale possono essere così sintetizzati.
Non possono essere stipulati contratti di lavoro occasionale con quei collaboratori che abbiano in corso o abbiano cessato da meno di sei mesi un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa con lo stesso committente. Occorre che il collaboratore, se già lavorativamente conosciuto dall’impresa, sia un vecchio collaboratore e non abbia altri e contestuali rapporti di collaborazione con lo stesso committente. L’impresa non può remunerare per dei lavori occasionali i suoi dipendenti ricorrendo alla nuova figura.
L’impresa e il professionista, che occupano fino a cinque dipendenti, non possono usufruire della prestazione di collaboratori occasionali erogando complessivamente, per ogni anno civile, che va dal 1 gennaio al 31 dicembre, compensi variabili che complessivamente nella sua contabilità superino il limite lordo di € 5000. Ogni singolo collaboratore occasionale, inoltre, non può oltrepassare il compenso lordo annuo di € 2500, riscosso pro capite da ogni singolo committente, con il limite massimo complessivo di euro 5000 annue. L’impresa e il professionista possono avere anche 10 o più collaboratori occasionali, in un anno civile, ma il compenso complessivo loro erogato non deve mai superare la soglia massima lorda dei € 5000 e ogni singolo collaboratore utilizzato nell’anno non può superare la soglia massima lorda di € 2500.
Il collaboratore, nell’anno civile, ben può collaborare in modo occasionale con più committenti ma il suo compenso annuo complessivo come occasionale non deve mai superare la soglia lorda di € 5000 e da ogni singolo committente non deve percepire più della somma lorda di € 2500.
Che cosa succede se il lavoratore occasionale percepisce nell’anno civile un compenso superiore a 2500 euro o effettua una prestazione complessivamente superiore a 280 ore nell’anno? Il rapporto di lavoro, come sanzione, si trasforma automaticamente e per legge in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e a tempo pieno a carico dell'impresa che ha dato origine alla violazione.
Che cosa succede alle aziende che ricorrono al lavoro occasionale nei casi in cui questo ricorso è escluso per legge ( agricoltura, edilizia, appalti) ma non superano il limite retributivo annuo e il limite delle 280 ore annue lavorate? Sono punite con una sanzione amministrativa che va da 500 a 2500 euro per ogni giorno di lavoro effettuato in violazione della legge. Si tratta di una sanzione amministrativa che può assumere dimensioni considerevoli.
Che cosa succede se a superare i limiti retributivi e di ore lavorate è una impresa del settore agricolo, edilizia e appalti? Deve assumere i lavoratori occasionali con contratto a tempo pieno e a tempo indeterminato e deve subire in aggiunta le pesanti sanzioni amministrative che abbiamo indicato.
Per concludere: il lavoro occasionale così come individuato dalla nuova legge è una figura alla quale si può ricorrere in modo corretto assai raramente come raramente appaiono le comete nel nostro firmamento celeste. La durezza delle sanzioni concorre a scoraggiare il ricorso a questo istituto.
Il contratto di appalto.
L'appalto è il contratto con il quale un soggetto assume l'obbligo di eseguire un servizio o prestare un’ opera in contropartita di un corrispettivo. L'appalto è genuino quando l'appaltatore è un vero imprenditore perché assume il rischio della realizzazione dell'opera o del servizio promesso, impiega nell'appalto una propria organizzazione di mezzi, ed è in possesso della necessaria specializzazione e della professionalità per rendere il servizio o l'opera promessi. (Decreto legislativo numero 276/2003 articolo 29 e codice civile articolo 1655)
Sicurezza sul lavoro.
Nell'esecuzione del contratto di appalto bisogna adottare tutte quelle misure che secondo la specialità del lavoro e la tecnica appaiono idonee a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori. Il committente deve accertare l'idoneità professionale dell'appaltatore ad eseguire i lavori, deve informare l'impresa appaltatrice sui rischi presenti sul luogo di lavoro, deve cooperare con l'impresa appaltatrice nel redigere il documento di valutazione dei rischi.Il committente deve cooperare durante l'esecuzione del contratto ad attuare le misure di prevenzione e protezione coordinandosi con l'impresa appaltatrice. La clausola contenuta nel contratto di appalto di esonero del committente da ogni responsabilità in materia di tutela della salute è priva di efficacia perché contraria alle norme di ordine pubblico. Il committente ha un obbligo forte e incondizionato in materia di sicurezza sul lavoro anche se cede a terzi una parte o tutta l'attività. (Articolo 26 del decreto legislativo numero 81/2008 e decreto legislativo numero 106/2009)
L'obbligo solidale
L'appaltante e l'appaltatore sono obbligati in solido a corrispondere ai lavoratori impiegati nell'appalto il trattamento retributivo e contributivo previsto per legge. Condizione essenziale per l'esistenza di questo obbligo di solidarietà e che il committente eserciti un'attività di impresa o professionale. Chi non esercita queste attività, non è obbligato in via solidale. Il lavoratore che intende agire nei confronti dell'appaltante per la soddisfazione dei suoi crediti deve proporre azione giudiziaria entro 2 anni dalla cessazione dell'appalto. Se non osserva questo termine decadde da ogni diritto. (Articolo 29 decreto legislativo 276/2003).
Somministrazione illecita di manodopera
Se il contratto di appalto non è genuino ed il lavoratore di fatto è gestito e diretto dall'appaltante, si ha una somministrazione illecita di mano d'opera se l'appaltante non risulta essere impresa autorizzata all'esercizio dell'attività di somministrazione di lavoro. In questo caso il lavoratore avrà il diritto di essere considerato direttamente alle dipendenze dell'impresa appaltante che si presenta come il vero ed effettivo datore di lavoro. (Decreto legislativo numero 276/2003).