28/04/2017
Prima dell'entrata in vigore della legge Fornero del 2012, se il fatto di rilevanza disciplinare risultava contestato tardivamente, il lavoratore, pacificamente, aveva diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro. Dopo l'entrata in vigore della legge Fornero, che ha modificato l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, si è posto il problema giuridico ed interpretativo se quella tardività, nel nuovo assetto normativo, comportasse ancora il diritto ad avere la reintegrazione nel posto di lavoro e non la semplice indennità risarcitoria, senza la reintegrazione.
Il fatto della controversia.
Un quadro direttivo di una banca nel 2013 è stato licenziato in tronco; il lavoratore ha impugnato il licenziamento sia per la tardività della contestazione sia per la insussistenza dei fatti addebitati che risalivano al 2010.
Il tribunale, nella fase sommaria della procedura, ha dichiarato l'illegittimità del licenziamento per tardività della contestazione, ordinando la reintegrazione nel posto di lavoro. Il giudice dell'opposizione all'ordinanza di reintegrazione è stato di diverso orientamento e, in parziale riforma dell'ordinanza, dichiarato risolto il rapporto di lavoro, ha condannato la Banca al pagamento di un'indennità risarcitoria, ma senza la reintegrazione nel posto di lavoro, assumendo che la tardività della contestazione comportasse una "violazione procedurale" e non la violazione di una norma sostanziale rendendo, quindi, il fatto insussistente.
La corte di appello, alla quale si è rivolto il lavoratore, ha invece ritenuto che non si trattasse di una semplice violazione della procedura, bensì di "un "fatto negoziale" di natura abdicativa, che precludeva alla datrice di lavoro l’esercizio del potere di recesso, venuto meno per una sorta di rinuncia; conseguentemente, la corte ha ritenuto che si fosse in presenza di un fatto estintivo del diritto di recesso, comportante la nullità dell’atto di licenziamento, con permanenza del rapporto e con diritto alla riassunzione."
Adesso è stata chiamata a pronunciarsi la Corte di Cassazione; la Corte di Cassazione, però, con la sentenza che commentiamo, dopo aver accolto la tesi argomentativa della corte di appello, ha ritenuto di rimettere la questione alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ritenendo la questione di massima e di "particolare importanza, destinata a incidere su altre controversie già pendenti o che verosimilmente potrebbero essere instaurate nell'immediato futuro, in ordine alle quali è auspicabile si prevenga il formarsi di una molteplicità di orientamenti giurisprudenziali contrastanti". Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 10159/17; depositata il 21 aprile.
La sentenza della Corte di Cassazione, sentenza sulla terdività della contestazione di addebito è di grande importanza giuridica. Per l'interesse che riveste la offriamo in lettura nella sua forma integrale.