A- A A+

Una semplice denuncia penale senza calunnia non integra gli estremi del licenziamento per giusta causa

La Corte d'appello di Catanzaro, dichiarava illegittimi i licenziamenti disciplinari intimati ad un gruppo di lavoratori negando che costituisca giusta causa di recesso l'addebito mosso ai lavoratori, consistente nell’aver denunciato il proprio datore di lavoro accusandolo di aver alterato e/o abusato di fogli firmati in bianco contenenti ricevute di pagamento da lui esibite nel corso di un altro giudizio intentato dagli stessi lavoratori per ottenere il pagamento di competenze retributive arretrate: afferma il datore di lavoro che tale condotta, di carattere diffamatorio e calunnioso, ha incrinato irrimediabilmente il rapporto fiduciario tra le parti.

La corte di cassazione ha respinto il ricorso del datore di lavoro con la seguente motivazione “In tema di licenziamento l'oggetto della controversia risiede nell'accertare se il lavoratore si sia reso gravemente inadempiente rispetto ai propri doveri di subordinazione, diligenza e fedeltà e/o abbia posto in essere condotte extralavorative comunque tali da ledere irrimediabilmente il rapporto fiduciario con il datore di lavoro.

Pertanto, se l'azienda non ha elementi che smentiscano il lavoratore e/o che ne dimostrino un intento calunnioso nel presentare una denuncia od un esposto all'A.G., deve astenersi dal licenziarlo, non potendosi configurare come giusta causa la mera denuncia di fatti illeciti commessi dal datore di lavoro, salvo che ne risulti il carattere calunnioso e/o diffamatorio.

Ne deriva che il mero presentare un esposto o una denuncia all'A.G. non viola i doveri di diligenza, di subordinazione o di fedeltà (artt. 2104 e 2105 c.c.); quest'ultimo, in particolare, deve intendersi come divieto di abuso di posizione mediante condotte concorrenziali e/o violazioni di segreti produttivi e non già di segreti tout court, non meglio specificati.

Cosa diversa, invece, è una precipua volontà di danneggiare il proprio datore di lavoro mediante false accuse.

Ma è pur sempre necessario, ai sensi dell'art. 5 legge n. 604/66, che risulti dimostrata la mala fede del lavoratore, cioè un suo intento calunnioso e/o diffamatorio (cfr. Cass. n. 6501/2013), il che nella vicenda in esame non può ritenersi insito neppure nell'archiviazione dell'esposto-querela presentato dagli odierni controricorrenti, la quale - secondo quel che si legge nell'impugnata sentenza - è stata motivata soltanto dall'insufficienza di elementi di accusa e dalla non configurabilità del delitto di falsità ideologica in scrittura privata (in realtà, la corretta ipotesi accusatoria sarebbe stata di falsità materiale in scrittura privata), pur avendo il c.t. del PM evidenziato che le ricevute esibite in giudizio dalla società ricorrente - e che i lavoratori avevano contestato assumendo che contenevano delle false aggiunte in relazione alle imputazioni di pagamento e alla date - presentavano delle incongruenze.

Nel caso di specie, giova ribadire, la Corte territoriale non ha rilevato prova alcuna di intento denigratorio o calunnioso da parte dei lavoratori licenziati, correttamente osservando che la contestazione del contenuto delle ricevute prodotte in giudizio dalla Autolinee La Valle S.r.l. rispondeva all'esercizio del loro diritto di difesa, da riconoscersi tanto in sede civile che penale.

A riguardo si tenga presente che i diritti di difesa costituzionalmente garantiti dall'art. 24 Cost. trovano riconoscimento nell'esimente di cui all'art. 598 co. 1 c.p. (avente valenza generale nell'ordinamento: cfr. Cass. n. 26106/14) ed hanno una tale latitudine da sussistere - ad esempio - anche in capo a chi non abbia ancora assunto la qualità di parte in un procedimento penale: basti pensare al diritto alle investigazioni difensive ex artt. 391 bis e ss. c.p.p., alcune delle quali possono esercitarsi anche prima dell'eventuale instaurazione d'un procedimento penale (cfr. art. 391 nonies c.p.p.), oppure ai poteri processuali della persona offesa, che - ancor prima di costituirsi, se del caso, parte civile - ha il diritto, nei termini di cui agli artt. 408 e ss. c.p.p. - di essere informata dell'eventuale richiesta di archiviazione, di proporvi opposizione e, in tal caso, di ricorrere per cassazione contro il provvedimento di archiviazione che sia stato emesso de plano, senza previa fissazione dell'udienza camerale.

Dunque, l'addebito disciplinare mosso agli odierni controricorrenti non può integrare il concetto di giusta causa o giustificato motivo di licenziamento, rispondendo la condotta in discorso alle necessità conseguenti al legittimo esercizio d'un diritto e, quindi, essendo coperta dall'efficacia scriminante prevista dall'art. 51 c.p., di portata generale nell'ordinamento e non già limitata al mero ambito penalistico (e su ciò dottrina e giurisprudenza sono, com'è noto, da sempre concordi).”

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 marzo – 8 luglio 2015, n. 14249

 

NELLA FOTO: Dalla Biennale di Venezia 2015

Rotonda della Besana, Milano | Hotel St. George Milano

Lo studio.

Lo studio è ubicato nel centro storico di Milano, di fronte alla Rotonda della Besana, ed è adiacente al palazzo di giustizia.
Lo studio é aperto dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.30 alle 18.30, dal lunedì al venerdì.
L'ubicazione dello studio é utile per le attività avanti tutti gli uffici giudiziari milanesi ( Giudice di Pace, Tribunale, Corte di Appello, Tar Lombardia). 

ACCESSO DAL VOSTRO DOMICILIO AI DATI DELLA VOSTRA PRATICA, OVUNQUE VOI SIATE

17/11/2015    Il nostro studio per rendere sempre più efficienti i suoi servizi, ha attivato a favore dei propri assistiti un sistema di accesso ai dati in remoto. Questo accesso consente al cliente, dalla propria sede o abitazione di consultare il fascicolo con i documenti e i dati giudiziari che si riferiscono alla controversia. In questo modo si  consente al cliente... [Leggi tutto]

AI CLIENTI DELLO STUDIO

  Videoconferenza, piattaforma per videochiamate e chat a distanza ...Per una migliore organizzazione, in termini di efficienza e di assoluta tempestività, per le consultazioni con lo studio, che abbiano carattere di urgenza, vi suggeriamo di usare la videoconferenza. Realizzare un sistema di videoconferenza è estremamente semplice, e a costo zero. Un computer, che abbia un video con le casse incorporate, e il collegamento via internet con banda larga  é tutto quello che occorre. Il sistema consente di avere confronti e colloqui in via immediata, con risparmio di tempo e di costi da parte di tutti. Uno strumento eccezionale per il lavoro e  per il collegamento tra i vostri uffici e lo studio.

L'AVVOCATURA STRUMENTO DEI DIRITTI E DELLA LIBERTA' 

La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di caritàPer questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo