12/03/2015
L'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, che con la nuova normativa del jobs act non si applica più ai nuovi rapporti di lavoro a tutele crescenti instaurati dal 7 marzo 2015, ben può essere oggetto di una specifica pattuizione tra il lavoratore e l’azienda o tra le organizzazioni sindacali e l’azienda stessa da inserire tra le varie condizioni di lavoro come la misura della retribuzione, l’uso dell’autovettura aziendale, il numero delle giornate di ferie etc.
Con un accordo specifico, le parti individuali o collettive, possono estendere le garanzie della reintegrazione nel posto di lavoro, prevedendo questa particolare tutela sia nella forma pesante, rappresentata dall’art. 18, nella sua formulazione originaria del 1970, che nella versione leggera della legge Fornero del 2012.
Nelle nuove assunzioni, inserire tra le varie condizioni dell’assunzione anche quella dell’applicazione della tutela dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori come miglior trattamento, è lo strumento più efficace per acquisire maestranze particolarmente qualificate e anche al fine di indurre il lavoratore a lasciare la sua vecchia posizione lavorativa in cui dovesse godere ancora delle tutele dell’art. 18 dello statuto. Ovviamente una simile pattuizione è pienamente valida e rappresenta una delle condizioni del contratto di lavoro oggetto di normale contrattazione tra le parti.
Nella foto: opera di Alberto Nobile, operai all'Ansaldo, 1951, olio su tela
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La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di carità. Per questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo