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Cassazione: confermata la responsabilità del datore di lavoro per mancata organizzazione delle pause fisiologiche

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17/06/2025

Con l’ordinanza n. 12504 del 11 maggio 2025 la Corte di Cassazione ha definitivamente respinto il ricorso di Stellantis Europe Spa (già FCA Italy Spa, incorporante SEVEL) e confermato la condanna al risarcimento di 5.000 euro a favore del lavoratore Fr.Pa. per violazione dell’art. 2087 c.c. La vicenda trae origine da un episodio accaduto durante un normale turno di lavoro sulla catena di montaggio, dove Fr.Pa. avvertì un’imperiosa necessità fisiologica. Per poter lasciare la postazione l’azienda prevedeva che il dipendente azionasse un dispositivo di chiamata/emergenza e attendesse l’autorizzazione e la sostituzione da parte del Team Leader. Nonostante ripetute sollecitazioni, nessuno intervenne e Fr.Pa., giunto allo stremo, lasciò la postazione e corse ai servizi igienici, “non riuscendo ad evitare di menzionarsi nei pantaloni” .

Una volta fatto ritorno al banco di lavoro, il dipendente chiese di potersi recare in infermeria per cambiarsi; alla sua richiesta fu però risposto che avrebbe potuto farlo soltanto durante la prevista pausa, e solo in quel frangente gli fu consentito di spostarsi nel “Box Ute”, un corridoio cieco privo di riservatezza, dove Fr.Pa. dovette mutare l’abbigliamento alla presenza di colleghe e colleghi . La Corte d’appello di L’Aquila aveva già ritenuto che tale organizzazione – o meglio, tale disorganizzazione – aziendale, priva di un minimo piano di emergenza per la copertura rapida delle pause fisiologiche e di procedure efficaci per le sostituzioni, integrasse una lesione della dignità personale del lavoratore.

Nel confermare il ragionamento del giudice di merito, la Cassazione ha ricordato che l’art. 2087 c.c. impone al datore di lavoro l’obbligo di adottare “tutte le misure idonee a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale” del prestatore. In assenza di concrete procedure per far fronte all’imprevisto, il bisogno fisiologico – esigenza naturale e non meramente opzionale – è stato trattato come un fastidio organizzativo, arrecando al dipendente un danno non patrimoniale meritevole di ristoro. La Suprema Corte ha inoltre confermato la condanna alle spese legali, quantificate in 2.500 euro per compensi e 200 euro per esborsi, con raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115/2002 .

La pronuncia rappresenta un richiamo severo verso le imprese affinché inseriscano nei propri protocolli aziendali soluzioni immediate per la copertura delle pause fisiologiche, senza demandare al caso o alla buona volontà dei responsabili di reparto. Un’azienda moderna non può negarsi di fronte al naturale bisogno di un dipendente, pena la lesione della sua dignità e – come riconosciuto dalla Corte – l’obbligo di risarcimento anche per danni “invisibili” ma rilevanti. In tal senso, il caso Fr.Pa. diventa un monito per tutte le organizzazioni: gestire l’“imprevisto biologico” non è un optional, ma un dovere di civiltà e di legge.

 

 

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