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Agli eredi spetta il danno biologico terminale solo se il loro congiunto morto sul lavoro ha avuto un'agonia cosciente

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19/12/2022

Un lavoratore mentre era intento a sistemare un’aiuola per conto dell’impresa per la quale prestava la sua opera, è stato investito e travolto da una macchina escavatrice, condotta da un altro lavoratore della medesima ditta, che lo ha schiacciato contro un muro durante una manovra di retromarcia per posizionare il mezzo nella piazza, non essendo più necessario il suo impiego. L’operaio investito è deceduto nello stesso giorno dell'incidente, essendo stata la vittima dapprima trasportata d'urgenza all'ospedale più vicino e, quindi, verificatane la gravità delle condizioni, trasferito d’urgenza ad altro ospedale più attrezzato. L’infortunato, nonostante gli sforzi dei sanitari e dei soccorritori, però, è sopravvissuto all’incidente “per poche ore", essendo egli morto "lo stesso giorno".

I parenti superstiti hanno chiesto il pagamento a loro favore del risarcimento dei danni maturati dal loro congiunto deceduto, e a loro trasmesso per eredità, sia in nome proprio per la perdita subita e la sofferenza patita.

La Corte di Appello ha riconosciuto agli eredi il diritto ad ottenere il risarcimento dei danni che era già entrato nel patrimonio del lavoratore deceduto; questo danno concerneva il danno biologico, il danno morale e il danno esistenziale da rottura del vincolo parentale ma non ha ritenuto di dover riconoscere, riformando la sentenza del Tribunale, anche il danno biologico terminale perché questa tipologia di danno subito dal deceduto è ben trasmissibile agli eredi ma per questa trasmissione esige sempre "la prova dello stato di lucidità nella breve frazione temporale di sopravvivenza" del parente deceduto. Questa lucidità non è, invece, necessaria per le altre tipologie di danno che richiedono semplicemente la "persistenza in vita della vittima per un apprezzabile lasso di tempo".

La Suprema Corte ha così fissato questo principio giuridico:

“Il danno subito dalla vittima, nell'ipotesi in cui la morte sopravvenga dopo apprezzabile lasso di tempo dall'evento lesivo, è configurabile e trasmissibile agli eredi nella duplice componente: di danno biologico "terminale", ossia di danno biologico da invalidità temporanea assoluta; e di danno morale, consistente nella sofferenza patita dal danneggiato che lucidamente e coscientemente assista allo spegnersi della propria vita, e quindi nella sofferenza psicologica (agonia) derivante dall'avvertita imminenza dell'exitus, se nel tempo che si dispiega tra la lesione e il decesso la persona si trovi in una condizione di "lucidità agonica", in quanto in grado di percepire la sua situazione ed in particolare l'imminenza della morte, essendo quindi irrilevante, a fini risarcitori, il lasso di tempo intercorso tra la lesione personale ed il decesso nel caso in cui la persona sia rimasta "manifestamente lucida";

…il danno biologico terminale è invece configurabile, e trasmissibile iure successionis, ove la persona ferita non muoia immediatamente, ma sopravviva per almeno ventiquattro ore, tale essendo la durata minima, per convenzione legale, a fini di apprezzabilità dell'invalidità temporanea, essendo, invece, irrilevante che sia rimasta cosciente”. Cass. civ., sez. lav., ord., 28 novembre 2022, n. 34987.

 

La Cassazione sezione lavoro ha rigettato le domande degli eredi del lavoratore deceduto e li ha condannati anche al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione senza tener conto della morte a causa di lavoro del loro congiunto e delle responsabilità del datore di lavoro nella causazione dell’incidente mortale e della circostanza che il Tribunale aveva riconosciuto anche questo diritto che la Corte di appello ha, invece, loro negato con il definitivo assenso della Corte Suprema.

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