A- A A+

Sul corrispettivo e la nullità del patto di non concorrenza, la Corte di Cassazione boccia i giudici milanesi della sezione lavoro

tag  News  giudici  banca  lavoro 

29/12/2022

La banca, assumendo il dipendente, ha inserito nel contratto di lavoro un patto di non concorrenza; questo patto valeva nel caso in cui il rapporto di lavoro fosse cessato prima dei 3 anni dalla sua data di stipulazione. Se il rapporto di lavoro fosse cessato prima di questi 3 anni, il lavoratore non avrebbe potuto prestare attività lavorativa in concorrenza con la banca per la quale aveva prestato la sua opera, per la durata di 20 mesi. Il compenso previsto a favore del lavoratore per il patto di non concorrenza è stato convenuto dalle parti nella somma di euro 10.000 all’anno (da corrispondersi in 2 rate mensili posticipate per ogni anno di servizio reso). Il lavoratore avrebbe percepito l’intero compenso solo se il rapporto di lavoro fosse durato 3 anni.

Il Tribunale e la Corte di Appello di Milano, chiamati a pronunciarsi sulla validità di questo patto, lo hanno dichiarato nullo, liberando il lavoratore, cessato il rapporto di lavoro, da ogni obbligo di non concorrenza; con la dichiarazione di nullità i giudici hanno condannato il lavoratore a restituire   quanto percepito a tale titolo. La nullità del patto di non concorrenza è stata dichiarata per la indeterminatezza e la indeterminabilità del corrispettivo del sacrificio richiesto al lavoratore, in quanto correlato alla durata del rapporto di lavoro, in mancanza di un importo minimo garantito e perciò non congruo. Per i giudici di merito, la nullità del patto derivava dal fatto che, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, prima della scadenza del triennio, come nel caso di specie, al dipendente non sarebbe spettato l'intero importo di Euro 30.000, bensì un importo (appunto non determinabile né determinato) collegato alla durata del rapporto di lavoro.

La banca, non condividendo la decisione dei giudici milanesi, ha proposto ricorso alla Cassazione che l’ha accolto rimarcando con forza che con questa sua decisione dava continuità ad un indirizzo giurisprudenziale che ha espresso in più occasioni.

La Corte Suprema ha così motivato questa sua decisione:

…, questa Corte ha ripetutamente affermato che il patto di non concorrenza, anche se è stipulato contestualmente al contratto di lavoro subordinato, rimane autonomo da questo, sotto il profilo prettamente causale, per cui il corrispettivo con esso stabilito, essendo diverso e distinto dalla retribuzione, deve possedere soltanto i requisiti previsti in generale per l'oggetto della prestazione dall'art. 1346 c.c. (Cass. n. 16489/2009) e, quindi, deve essere "determinato o determinabile";

per quanto riguarda la nullità, espressamente comminata dall'art. 2125 c.c., è stata affermata (v. le sentenze sopra citate ed i richiami giurisprudenziali ivi contenuti) in proposito la necessità, per giungere a tale declaratoria, di una rigorosa valutazione in ordine alla sussistenza di un corrispettivo in favore del prestatore che risulti manifestamente iniquo o sproporzionato in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore ed a ogni circostanza del caso concreto;

operano, quindi, su diversi piani la nullità del patto di non concorrenza per indeterminatezza o indeterminabilità del corrispettivo che spetta al lavoratore, quale vizio del requisito prescritto in generale dall'art. 1346 c.c., per ogni contratto, e la nullità per violazione dell'art. 2125 c.c., laddove il corrispettivo "non è pattuito" ovvero, per ipotesi equiparata dalla giurisprudenza di questa Corte, sia simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato;

rispetto a tali premesse, la sentenza impugnata reca una anomalia motivazionale, per essere pervenuta ad affermare la nullità del patto in modo improprio, senza accertare se il corrispettivo pattuito (pacificamente esistente) fosse da considerare simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato, ed operando una sovrapposizione tra la questione della determinabilità del corrispettivo, diversa da quella della sua congruità; infatti la variabilità del corrispettivo rispetto alla durata del rapporto di lavoro non significa che esso non sia determinabile in base a parametri oggettivi (tenendo anche conto, che, a monte, è stato altresì contestato che la cessazione del rapporto effettivamente avesse influenza sull'ammontare del PNC dovuto);

la sentenza impugnata non tiene adeguatamente distinte cause di nullità del patto di non concorrenza che operano giuridicamente su piani diversi: un vizio sotto l'aspetto della determinatezza o determinabilità dell'oggetto e l'altro sotto il profilo dell'ammontare del corrispettivo simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato; tale sovrapposizione genera incertezza sull'iter logico seguito per la formazione del convincimento del giudicante, precludendo un effettivo controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento;

dall'accoglimento del suddetto motivo di ricorso deriva la Cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice d'appello indicato in dispositivo che dovrà procedere a nuovo esame, valutando distintamente la questione della nullità per mancanza del requisito di determinatezza o determinabilità del corrispettivo pattuito tra le parti e, poi, verificando che il compenso, come determinato o determinabile, non fosse simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato, in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore ed alla riduzione delle sue possibilità di guadagno, indipendentemente dall'utilità che il comportamento richiesto rappresentava per il datore di lavoro, come dal suo ipotetico valore di mercato,

Cassazione civile sez. lav., 11/11/2022, (ud. 13/09/2022, dep. 11/11/2022), n.33424

Il ricorso in Cassazione è stato depositato nel 2018. È stato deciso dalla Cassazione nel 2022. Dal deposito alla pronuncia sono passati 4 anni ma non è ancora finita perché adesso dovrà pronunciarsi nuovamente la Corte di Appello alla quale la causa è stata rinviata per riesaminare il caso, secondo i principi affermati dalla Cassazione nella sua sentenza.

Rotonda della Besana, Milano | Hotel St. George Milano

Lo studio.

Lo studio è ubicato nel centro storico di Milano, di fronte alla Rotonda della Besana, ed è adiacente al palazzo di giustizia.
Lo studio é aperto dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.30 alle 18.30, dal lunedì al venerdì.
L'ubicazione dello studio é utile per le attività avanti tutti gli uffici giudiziari milanesi ( Giudice di Pace, Tribunale, Corte di Appello, Tar Lombardia). 

ACCESSO DAL VOSTRO DOMICILIO AI DATI DELLA VOSTRA PRATICA, OVUNQUE VOI SIATE

17/11/2015    Il nostro studio per rendere sempre più efficienti i suoi servizi, ha attivato a favore dei propri assistiti un sistema di accesso ai dati in remoto. Questo accesso consente al cliente, dalla propria sede o abitazione di consultare il fascicolo con i documenti e i dati giudiziari che si riferiscono alla controversia. In questo modo si  consente al cliente... [Leggi tutto]

AI CLIENTI DELLO STUDIO

  Videoconferenza, piattaforma per videochiamate e chat a distanza ...Per una migliore organizzazione, in termini di efficienza e di assoluta tempestività, per le consultazioni con lo studio, che abbiano carattere di urgenza, vi suggeriamo di usare la videoconferenza. Realizzare un sistema di videoconferenza è estremamente semplice, e a costo zero. Un computer, che abbia un video con le casse incorporate, e il collegamento via internet con banda larga  é tutto quello che occorre. Il sistema consente di avere confronti e colloqui in via immediata, con risparmio di tempo e di costi da parte di tutti. Uno strumento eccezionale per il lavoro e  per il collegamento tra i vostri uffici e lo studio.

L'AVVOCATURA STRUMENTO DEI DIRITTI E DELLA LIBERTA' 

La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di caritàPer questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo