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Il committente risponde in solido per il pagamento del trattamento di fine rapporto

Quest'obbligo sussiste fin dall'entrata in vigore della legge n. 276/2003

Un lavoratore presta la sua attività lavorativa in un appalto di servizi alle dipendenze di una cooperativa che aveva avuto l'appalto da una terza società. Non avendo avuto la corresponsione del trattamento di fine rapporto dalla cooperativa alle dipendenze della quale ha prestato la sua attività lavorativa, ha chiamato avanti il Tribunale di Roma per chiederne il pagamento alla società appaltante. La domanda è stata accolta. La Corte di Appello di Roma, confermando la sentenza del Tribunale, ha affermato che il trattamento di fine rapporto è qualificabile come retribuzione differita e fa parte a pieno titolo della più generale nozione di trattamenti retributivi dovendolo ritenersi oggetto della garanzia in sede di obbligazione solidale della committente per la quota maturata nel periodo di lavoro in appalto. La società appaltante ha sostenuto nella causa che la responsabilità solidale del committente per le quote del trattamento di fine rapporto fosse da escludersi perché la norma limitava questo obbligazione solo alla "retribuzione corrente". La medesima tesi giuridica è stata sostenuta avanti la Cassazione.

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della società committente perché "il t.f.r. deve essere compreso tra i "trattamenti retributivi" previsti dall'art. 29 d. Igs. 276/2003, stante la natura di retribuzione differita dell'istituto: ne consegue che in relazione ai periodi di esecuzione dell'appalto le quote di T.f.r. devono essere incluse nei trattamenti retributivi del cui pagamento il committente è solidalmente responsabile ai sensi dell'art. 29 d.lgs. 276/2003 e tale affermazione ha trovato conferma sul piano del diritto positivo per effetto delle modifiche poi apportate dall'art. 21, primo comma d.l. 5/2012, conv. con mod. dalla L. 35/2012." Ordinanza Cassazione numero 34.461 resa pubblica il 24 dicembre 2019.

Secondo questa pronuncia della Cassazione, l'obbligo solidale della committente anche per il TFR sussiste fin dall'entrata in vigore della legge del 2003.

 

Dimissioni per giusta causa

Dimissioni per giusta causa

Il lavoratore ha la facoltà di risolvere il rapporto di lavoro nel caso in cui  si verifichi una giusta causa che impedisca la prosecuzione del rapporto anche in via temporanea. Se ricorre la giusta causa delle dimissioni lavoratore ha diritto di percepire anche l’indennità di preavviso (art.2119 cod. civ.).

 Non rientra nella  giusta il fallimento dell'imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa.

 Si configura come  giusta causa di  dimissioni:

 - il mancato o ritardato pagamento della retribuzione o degli istituti di retribuzione differita ( 13^, 14^ ferie, rol, premi aziendali, dequalificazione, la soppressione unilaterale del superminimo pattuito);

   -la riduzione unilaterale del trattamento retributivo

  -la violazione delle norme sull’orario di lavoro, sul riposo giornaliero, e sul riposo settimanale;

 - la mancata regolarizzazione della posizione contributiva;

 - il comportamento offensivo o ingiurioso o mobbizzante  del datore di lavoro;

 - la pretesa del datore di lavoro di prestazioni illecite;

  -la mancata adozione delle misure di sicurezza e di tutela della salute.

  -il trasferimento individuale o collettivo;

   -qualsiasi altro comportamento trasgressivo del datore di lavoro di natura tale da non consentire nemmeno in via provvisoria la prosecuzione del rapporto di lavoro.