08/10/2019
L’azienda intima al lavoratore il licenziamento per avvenuto superamento del periodo di comporto. Il lavoratore impugna il licenziamento sostenendo che alcuni giorni, utilmente conteggiati dall’azienda nel periodo di comporto, in realtà non dovevano essere conteggiati perché le assenze erano imputabili a malattia professionale. Il Tribunale e la Corte di Appello hanno accolto la domanda del lavoratore e hanno annullato il licenziamento. In conseguenza dell’annullamento è stata disposta la reintegrazione nel posto di lavoro con il risarcimento dei danni nella misura di un anno di retribuzione anche se il licenziamento è stato intimato nel 2013 e la sentenza pronunciata nel 2017.
La Cassazione, nel confermare la sentenza, respingendo il ricordo dell’azienda, ha colto l’occasione per ribadire che “la norma, come correttamente inteso dalla Corte del merito, deve essere interpretata nel senso che il limite delle dodici mensilità, anche per l'assenza di previsione di una "forbice" tra un minimo ed un massimo, e al di là di una formulazione che, con il richiamo ad una misura che "non può essere superiore", potrebbe suggerire l'ipotesi di un potere discrezionale nella sua liquidazione del giudice di merito, opera a tutela del datore di lavoro, nel caso in cui - come nella fattispecie dedotta in giudizio - la durata del periodo intercorrente tra il licenziamento e la data dell'ordine giudiziale di reintegrazione, in relazione al quale competono al lavoratore le retribuzioni, venga ad essere superiore all'anno.
In sostanza, il fatto di non poter essere (la misura dell'indennità) superiore a dodici mensilità ha il suo, necessario e unico, termine di confronto nella (eventualmente) maggiore estensione del periodo considerato, svolgendo una funzione contenitiva di effetti economici destinati a incidere anche in misura molto rilevante sul debitore in ragione di sviluppi ed eventi allo stesso non addebitabili e comunque non rientranti nella accertata illegittimità della sua condotta. “ Cassazione Sentenza Sez. Lavoro Num. 22929 Data pubblicazione: 13/09/2019
Prima della riforma della legge Fornero del 2012, quel datore di lavoro sarebbe stato condannato non al pagamento di un solo anno di retribuzione ma al pagamento di tutti gli anni di sofferta disoccupazione, dalla data di estromissione dal posto di lavoro alla data della sentenza di reintegrazione. Nel nostro caso sarebbero stati quasi 4 anni di retribuzione.