12/01/2019
Un dipendente delle poste italiane presta la sua attività lavorativa subordinata dal 1980 al 1994 in locali insalubri perché di ridotte dimensioni e saturi di fumo. In conseguenza di tutto ciò ha avuto un tumore faringeo che gli è stato diagnosticato e rimosso dopo la cessazione del rapporto di lavoro. Il tribunale e la corte di appello gli riconoscono il diritto al risarcimento dei danni per la malattia e condannano severamente le Poste Italiane. La responsabilità aziendale è stata accertata da una consulenza tecnica d'ufficio espletata nella causa che ha escluso che il tumore fosse conseguenza di altri fattori (quali alcool o familiarità con malattia professionale). Il tumore era dovuto al fatto che il lavoratore era stato esposto in modo significativo all'inalazione di fumo passivo per circa 14 anni e per una media di almeno 6 ore al giorno. Questa esposizione era idonea a procurare il tumore alle vie aeree superiori. Queste circostanze in fatto sono state processualmente accertate. I giudici hanno ritenuto queste circostanze sufficienti per stabilire il nesso causale tra il tumore e le condizioni di lavoro. L'azienda aveva l'obbligo di tutelare la salute del dipendente facendolo lavorare in locali salubri e arieggiati. La Cassazione ha confermato la sentenza sottoposta al suo esame ritenendo la decisione immune da ogni vizio di motivazione e correttamente pronunciata. Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza n. 276/19; depositata il 9 gennaio
Dimissioni e maternità
La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida e' sospensivamente condizionata l'efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro.
Le dimissioni con data certa
Dimissioni e abuso del foglio firmato in bianco
Salvo che il fatto costituisca reato, il datore di lavoro che abusi del foglio firmato in bianco dalla lavoratrice o dal lavoratore al fine di simularne le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto, e' punito con la sanzione amministrativa da euro 5.000 ad euro 30.000. L'accertamento e l'irrogazione della sanzione sono di competenza delle Direzioni territoriali del lavoro.