22/02/2018
Un’ impiegata della Provincia di Roma e del Ministero dell’Istruzione era venuta in contatto con gli escrementi dei topi presenti nella fotocopiatrice; nel periodo dedotto in giudizio la scuola era invasa da topi e che per potere utilizzare la fotocopiatrice era necessario procedere alla sua pulizia interna; la disinfestazione effettuata nel corso del tempo aveva sempre prodotto risultati non soddisfacenti; la Amministrazione Provinciale non aveva ottemperato all'onere di provare di avere adottato le misure necessarie a tutela della integrità psicofisica della lavoratrice; il consulente tecnico nominato nel giudizio di appello aveva accertato che il quadro patologico da cui la lavoratrice . era risultata affetta (esiti di linfoadenite e di lesioni spleniche secondarie a stimolo di natura infettiva per contatto con escrementi ed urine di una colonia di ratti) era correlabile al contatto con gli escrementi di ratti ed aveva determinato un danno biologico pari al 30%; le conclusioni assunte dal consulente tecnico nominato nel giudizio di appello era condivisibili in quanto questi aveva precisato che la percentuale di invalidità individuata dal consulente tecnico del giudice di primo grado era stata effettuata anche con riferimento a patologie (esiti di isterectomia e salpingectomia bilaterale) preesistenti all'evento lesivo e rispetto a questi indipendenti. Il tribunale di Roma prima e la corte di appello dopo, ritenendo sussistente la responsabilità dei datori di lavoro, li hanno condannati al risarcimento dei danni biologici e morali nella misura finale di circa 140.000 euro.
La controversia è finita davanti alla Cassazione che ha dato ragione alla impiegata confermando la sentenza della corte di appello. La Cassazione ha affermato che “La sentenza è conforme ai principi ripetutamente affermati da questa Corte secondo cui a norma dell'art. 2087 c.c., il datore di lavoro, nell'esercizio dell'impresa, è tenuto ad adottare tutte le misure attinenti all'efficienza e al buon andamento del servizio, idonee ad evitare o a limitare eventuali danni a carico dei lavoratori, danni potrebbero essere provocati anche da un servizio non pienamente efficiente, e la sua responsabilità per il mancato assolvimento di tale obbligo non è esclusa né dalla colpa del lavoratore, ne' dalla colpa o dal dolo di terzi. (Cass. 2209/2016, 8230/2013).” Tutto questo nel caso in esame evidentemente non era avvenuto. Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 4084/18; depositata il 20 febbraio
Dimissioni e maternità
La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida e' sospensivamente condizionata l'efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro.
Le dimissioni con data certa
Dimissioni e abuso del foglio firmato in bianco
Salvo che il fatto costituisca reato, il datore di lavoro che abusi del foglio firmato in bianco dalla lavoratrice o dal lavoratore al fine di simularne le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto, e' punito con la sanzione amministrativa da euro 5.000 ad euro 30.000. L'accertamento e l'irrogazione della sanzione sono di competenza delle Direzioni territoriali del lavoro.