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Si può intimare un licenziamento prima che maturi definitivamente il periodo di comporto?

Decideranno le Sezioni Unite della Cassazione

Un lavoratore è stato licenziato con lettera del 7 luglio, per superamento del periodo di comporto. Il lavoratore ha impugnato il licenziamento sostenendo che il periodo di comporto non era maturato perché i suoi giorni di assenza per malattia non avevano superato il limite temporale previsto dal contratto collettivo. Il licenziamento è stato dichiarato legittimo dal tribunale e dalla corte d'appello ma con efficacia dal 27 luglio successivo perché, secondoquei giudici, il licenziamento intimato prima della scadenza del periodo di comporto non è nullo e neppure ingiustificato ma temporaneamente inefficace sino al venir meno della situazione ostativa.

Il problema giuridico che si è posto dinanzi alla Cassazione è quello di valutare se il licenziamento per superamento del periodo di comporto, intimato prima che maturi definitivamente il termine debba essere considerato nullo o semplicemente inefficace. Nel caso in cui fosse nullo il lavoratore avrebbe diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro e al risarcimento dei danni; nel caso in cui, invece, fosse ritenuto semplicemente inefficace, quel licenziamento diventerebbe esecutivo solo al maturare dell'effettivo superamento del periodo di garanzia della conservazione del posto di lavoro. In quest'ultimo caso il lavoratore avrebbe diritto solo ad avere il trattamento economico medio tempore.
La cassazione ha avuto diversi orientamenti propendendo per l'una o per l'altra tesi, secondo la composizione del collegio chiamato ad esaminare la questione. Adesso, prendendo atto degli opposti indirizzi che si sono formati, sono state coinvolte le Sezioni Unite perché si pronuncino e risolvano il contrasto. Ordinanza 13 luglio 2017.

 

 

Le dimissioni per giusta causa.
Il lavoratore può presentare le dimissioni immediate, per giusta causa, senza concedere al datore di lavoro il preavviso previsto dalla legge e dal contratto collettivo.Le dimissioni per giusta causa si presentano se il datore di lavoro si renda inadempiente ai suoi obblighi contrattuali; l'inadempimento è configurabile, innanzitutto, nella mancata corresponsione della retribuzione o dei vari istituti di natura economica previsti dal contratto di lavoro. Si possono presentare le dimissioni per giusta causa anche in presenza di mobbing o di inosservanza delle misure di sicurezza e antinfortunistiche. L'inadempimento del datore di lavoro deve essere di un certo valore. Il mancato versamento dei contributi previdenziali non è stato ritenuto motivo per la presentazione delle dimissioni per giusta causa perché il datore di lavoro è obbligato a questi pagamenti nei confronti di un soggetto terzo e non direttamente nei confronti del lavoratore anche se ne è il beneficiario. La lettera di dimissione deve indicare in maniera specifica il motivo della presentazione delle dimissioni. Se le dimissioni sono state correttamente presentate, il lavoratore ha diritto ad avere il pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso; in caso contrario questo diritto spetta al datore di lavoro, che potrà trattenere direttamente a l'importo dalla busta paga.

Dimissioni e maternità

La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida e' sospensivamente condizionata l'efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro.