28/01/2018
Un lavoratore è stato licenziato dopo che gli era stato contestato che, mediante artifizi e raggiri, aveva ottenuto un indebito rimborso di spese mediche con la falsificazione degli importi indicati nelle fatture stesse. Si trattava di fatture emesse a favore dei familiari, moglie e figli. Contro il lavoratore è stato promosso un procedimento penale che si è concluso con il proscioglimento del lavoratore per mancanza di querela. All’esito del procedimento penale, la società datrice di lavoro, ha avviato la procedura di contestazione; quest’ avvio è avvenuto a distanza di un notevole lasso di tempo dalla commissione del fatto. Il lavoratore ha contestato il licenziamento disciplinare assumendo, tra l’altro anche la non tempestività della contestazione dei addebito per essere intervenuta a lunga distanza temporale dai fatti. Come si sa la contestazione di addebito contro il lavoratore deve essere fatta con tempestività.
La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi anche su questo specifico punto, ha ritenuto che “ In materia di licenziamento disciplinare, l’immediatezza della contestazione va intesa in senso relativo, dovendosi dare conto delle ragioni che possono cagionare il ritardo, quali il tempo necessario per l’accertamento dei fatti o la complessità della struttura organizzativa dell’impresa, fermo restando che la valutazione delle suddette circostanze è riservata al giudice del merito". Nel caso concreto i giudici hanno ritenuto tempestiva la contestazione di addebito nonostante che fosse intervenuta dopo la chiusura del procedimento penale. Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 1759/18; depositata il 24 gennaio.