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Il tappo dello spumante colpisce all’occhio l’insegnante, i giudici negano il diritto al risarcimento dei danni

Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 749/18

Un'insegnante, durante l’orario di lezione e nei locali della scuola è stata colpita ad un occhio dal tappo di una bottiglia di spumante aperta da un alunno del Liceo Classico mentre veniva celebrato il centesimo giorno prima dell’esame di maturità. L’alunno  si era avvicinato a breve distanza dall’insegnante tenendo in mano ed agitando la bottiglia di spumante. L’insegnante ha subito delle gravi lesioni ed ha agito contro il Ministero chiedendo il risarcimento dei danni assumendo l’esistenza di un infortunio sul lavoro e la responsabilità della scuola.  La responsabilità della scuola è stata individuata dall’insegnante nel non aver proibito l’iniziativa del festeggiamento e nel non aver proibito l’uso di alcolici. Il tribunale e la Corte di Appello hanno respinto la domanda di risarcimento dell’insegnante.

La Cassazione ha confermato le decisioni dei precedenti giudici affermando che:

 “...va ribadito che l’art. 2087 cod. civ. non configura una forma di responsabilità oggettiva a carico del datore di lavoro, non potendosi automaticamente desumere dal mero verificarsi del danno l’inadeguatezza delle misure di protezione adottate: la responsabilità datoriale va infatti collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle migliori conoscenze sperimentali o tecniche del momento al fine di prevenire infortuni sul lavoro e di assicurare la salubrità e, in senso lato, la sicurezza in correlazione all’ambiente in cui l’attività lavorativa viene prestata, onde in tanto può essere affermata in quanto la lesione del bene tutelato derivi causalmente dalla violazione di determinati obblighi di comportamento imposti dalla legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche in relazione al lavoro svolto…L’art. 2087 c.c. (come del resto l’art. 7, d.lgs. n. 626/1994) può mettere capo ad una responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio occorso al lavoratore solo allorché, con comportamenti specifici ed anomali, determini un aggravamento del tasso di rischio e di pericolosità ricollegato indefettibilmente alla natura dell’attività che il lavoratore è chiamato a svolgere (Cass. n. 11427 del 2000), e perché non può farsi discendere dall’art. 2087 c.c. un obbligo dell’imprenditore di impedire comportamenti anomali ed imprevedibili. Inoltre la mera verificazione del danno non è di per sé sola sufficiente a far scattare a carico dell’imprenditore l’onere probatorio di aver adottato ogni sorta di misura idonea ad evitare l’evento, presupponendo detta prova la dimostrazione, da parte del lavoratore, sia del danno che del nesso di causalità dianzi esposto fra la mancata adozione di determinate misure di sicurezza (specifiche o generiche) e il danno medesimo.” Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 749/18; depositata il 15 gennaio.

 

Nella foto: affresco di Pompei, dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli.