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I principi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo,

tag  News  24882  2017  licenziamento  giustificato  motivo  oggettivo 

27/10/2017

la sintesi magistrale della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione in questa sentenza sintetizza in modo efficace i principi che disciplinano il licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Per l’interesse riportiamo la sintesi dei principi che occorre osservare nell’intimare un simile licenziamento che la corte ha magistralmente sinterizzato. .

“La fattispecie normativa astratta, di cui all’art. 3, seconda parte, l. n. 604, richiede: (a) che la posizione di lavoro del destinatario del provvedimento datoriale risulti venuta meno, per effetto della soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui il dipendente era stato addetto, non essendo, tuttavia, necessario, ai fini della configurabilità del giustificato motivo oggettivo, che vengano soppresse anche tutte le mansioni in precedenza attribuite al lavoratore licenziato, le quali ben possono "essere solo diversamente ripartite ed attribuite" all’interno del nuovo e diverso assetto organizzativo (Cass. n. 21121/2004 e successive numerose conformi); (b) che la soppressione del posto di lavoro sia riferibile, sul piano causale, a progetti o scelte datoriali - non sindacabili in sede giudiziale quanto ai profili di congruità e opportunità, purché connotati da effettività e assenza di simulazione (Cass. n. 17887/2007 e successive numerose conformi) diretti a incidere sulla struttura e sulla organizzazione dell’impresa, ovvero sui suoi processi produttivi, senza che il datore debba necessariamente provare anche un andamento economico negativo dell’azienda, "essendo sufficiente che le ragioni inerenti all’attività produttiva ed all’organizzazione del lavoro, comprese quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività, determinino un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di un’individuata posizione lavorativa" (Cass. 25201/2016; conforme Cass. n. 10699/2017); (c) che non sia possibile una diversa collocazione del lavoratore all’interno dell’impresa ristrutturata o rimodulata nei suoi aspetti tecnico-organizzativi, essendo il relativo onere probatorio - al pari di quello avente ad oggetto gli elementi (a) e (b) sopra richiamati - a carico del datore di lavoro (che può assolverlo anche mediante il ricorso a presunzioni: Cass. 3040/2011), escluso peraltro che "sul lavoratore incomba un onere di allegazione dei posti assegnabili" (Cass. n. 5592/2016; conf. Cass. 12101/2016): elemento, questo dell’impossibilità di reimpiego in altre posizioni di lavoro e/o con diverse mansioni, che, se pure normativamente inespresso nella formulazione testuale dell’art. 3 l. n. 604/1966, trova la sua giustificazione sia sul piano dei valori, nella prospettiva del licenziamento come extrema ratio all’interno di un ordinamento che tutela il lavoro già a livello costituzionale, limitando, per converso, l’iniziativa economica privata, ove il suo esercizio risulti in contrasto con la dignità umana (art. 41, comma 2, Cost.); sia come riflesso logico del carattere effettivo e non pretestuoso che deve accompagnare la scelta tecnico-organizzativa del datore di lavoro, la quale, siccome univocamente diretta al conseguimento delle ragioni proprie dell’impresa, non può riconoscere il condizionamento di finalità espulsive diversamente legate alla persona del lavoratore”.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 24882/17; depositata il 20 ottobre.

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