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La scelta dell'imprenditore in materia di licenziamento è insindacabile.

Il controllo del giudice limitato all'effettività del motivo

Un'azienda, con alle dipendenze più di 15 addetti, ha intimato un licenziamento per giustificato motivo oggettivo costituito dalla soppressione del posto di lavoro. Il tribunale ha respinto la domanda del lavoratore diretta ad ottenere la reintegrazione poiché ha ritenuto legittimo il licenziamento. La medesima decisione è stata assunta dalla corte di appello perché l'azienda aveva dato prova "dei fatti fondanti il licenziamento per giustificato motivo oggettivo: il calo del fatturato, la mancata assunzione di altro personale per svolgere le mansioni della ricorrente, il calo nel corso degli anni del numero dei dipendenti".

Contro la sentenza è stato proposto ricorso in cassazione; la corte di cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento.
La corte di cassazione, in questa sua decisione, innanzitutto, ha affermato il principio secondo il quale "La scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del posto di lavoro non è, infatti, sindacabile nei suoi profili di congruità e di opportunità, in ossequio all’art. 41 Cost., se non attraverso il controllo sulla effettività e non pretestuosità della ragione concretamente addotta dall’imprenditore a giustificazione del recesso."
La corte, inoltre, ha ritenuto giustificato il licenziamento perché il licenziamento era da collegarsi "1) alla difficile congiuntura economica con il conseguente calo dell’attività commerciale; 2) alla necessità di riorganizzazione aziendale con razionalizzazione del reparto commerciale; 3) alla soppressione del posto della M. ; 4) alla assegnazione delle mansioni da essa svolte all’amministratore della società."
Nella lettera di licenziamento queste ragioni sottostanti al licenziamento sono state individuate dall'azienda con chiarezza e precisione in modo da aver consentito al lavoratore di poter individuare la causa del suo licenziamento; queste modalità hanno consentito al lavoratore di poter esercitare un'adeguata difesa, svolgendo e offrendo le proprie osservazioni e contestazioni.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 13808/17; depositata il 31 maggio.

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