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Chi vive in Italia ne rispetti le regole e le leggi.

tag  News  sentenza  cassazione  24084  2017  coltello  condanna  testo 

16/05/2017

Un indiano di religione sikh va in giro con un coltellaccio di 18 cm; si giustifica con i suoi convincimenti religiosi, condannato. Il Tribunale di Mantova ha condannato Si.Ja. alla pena di Euro 2000 di ammenda perché "portava fuori dalla propria abitazione senza un giustificato motivo, un coltello della lunghezza complessiva di cm 18,5 idoneo all'offesa per le sue caratteristiche".  l'imputato era stato trovato dalla polizia locale in possesso di un coltello, portato alla cintura. Richiesto di consegnarlo, aveva opposto rifiuto adducendo che il comportamento si conformava ai precetti della sua religione, essendo egli un indiano "SIKH". Secondo il tribunale, le usanze religiose integravano mera consuetudine della cultura di appartenenza e non potevano avere l'effetto abrogativo di norma penale dettata a fini di sicurezza pubblica.

Avverso questa sentenza ha presentato ricorso l'imputato personalmente chiedendone l'annullamento, affermando che il porto di coltello era giustificato dalla sua religione. Il coltello (KIRPAN), come il turbante, era un simbolo della religione e il porto costituiva adempimento del dovere religioso. 

La corte di cassazione ha respinto il ricorso e ha confermato la sentenza. È interessante la motivazione del rigetto del ricorso "In una società multietnica, la convivenza tra soggetti di etnia diversa richiede necessariamente l'identificazione di un nucleo comune in cui immigrati e società di accoglienza si debbono riconoscere. Se l'integrazione non impone l'abbandono della cultura di origine, in consonanza con la previsione dell'art. 2 Cost. che valorizza il pluralismo sociale, il limite invalicabile è costituito dal rispetto dei diritti umani e della civiltà giuridica della società ospitante. È quindi essenziale l'obbligo per l'immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale, in cui ha liberamente scelto di inserirsi, e di verificare preventivamente la compatibilità dei propri comportamenti con i principi che la regolano e quindi della liceità di essi in relazione all'ordinamento giuridico che la disciplina. La decisione di stabilirsi in una società in cui è noto, e si ha consapevolezza, che i valori di riferimento sono diversi da quella di provenienza ne impone il rispetto e non è tollerabile che l'attaccamento ai propri valori, seppure leciti secondo le leggi vigenti nel paese di provenienza, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante. La società multietnica è una necessità, ma non può portare alla formazione di arcipelaghi culturali configgenti, a seconda delle etnie che la compongono, ostandovi l'unicità del tessuto culturale e giuridico del nostro paese che individua la sicurezza pubblica come un bene da tutelare e, a tal fine, pone il divieto del porto di armi e di oggetti atti ad offendere."Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 31 marzo – 15 maggio 2017, n. 24084

Un bel punto fermo e chiaro. Qualsiasi organizzazione statale non può tollerare la violazione delle sue leggi penali che si applicano a tutti, senza distinzione di convinzioni religiose  e di provenienza etnica. Nessuno può discutere il principio affermato dalla corte di cassazione. Ne va della convivenza civile, dei valori e dell'esistenza stessa dello Stato e di qualsiasi forma di organizzazione umana. Chi vive in uno stato diverso da quello di provenienza si deve uniformare alle leggi dello stato in cui vive, senza eccezioni, qualunque sia la legge. Vi offriamo in lettura il  testo integrale della sentenza della Corte di Cassazione.

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