06/04/2017
Un dipendente, con mansioni di tecnico di manovra, prelevava durante il suo turno di lavoro circa 20 litri di gasolio dal carrello di manovra al quale era adibito; il datore di lavoro, dopo avergli contestato il furto, lo ha licenziato per giusta causa. Il lavoratore ha impugnato il licenziamento; a sostegno della sua impugnazione sosteneva che la sanzione del licenziamento era sproporzionata rispetto all'infrazione commessa. Il tribunale rigettava la domanda diretta ad ottenere l'annullamento del licenziamento, ritenendo il licenziamento ben proporzionato al fatto contestato; la corte di appello confermava la decisione del tribunale. Il lavoratore, ritenendo, la erroneità delle due decisioni, ha impugnato la sentenza avanti la corte di cassazione, assumendo la violazione del criterio di proporzionalità tra l'illecito commesso e la sanzione espulsiva applicata dall'azienda; a sostegno dell'impugnazione il lavoratore assumeva anche la tenuità del danno patrimoniale cagionato al datore di lavoro. La corte di cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore sostenendo che "la tenuità del danno non è da sola sufficiente ad escludere la lesione del vincolo fiduciario e che ai fini della valutazione della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso viene in considerazione non già l’assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale ma la ripercussione sul rapporto di lavoro di una condotta suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento, in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del dipendente rispetto agli obblighi assunti. La Corte territoriale nel valorizzare la oggettiva gravità della condotta di sottrazione di un bene aziendale, sotto il profilo della patente violazione dell’obbligo di fedeltà e la intensità del dolo non è dunque incorsa nell’errore di diritto denunziato."
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 15 dicembre 2016 – 5 aprile 2017, n. 8816