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Il presunto padre fa il furbo ma il giudice lo castiga

Da una relazione sentimentale nasce un figlio che il padre naturale non riconosce.
La madre agisce giudizialmente per farne dichiarare  la paternità, con l'obbligo del mantenimento.
Il presunto padre, chiamato in causa, rifiuta di sottoporsi alle indagini ematologiche disposte dal tribunale che, su questo rifiuto ingiustificato, non esita a dichiararlo padre del minore, con l'obbligo del mantenimento.
Il principio giuridico, affermato in modo costante dalla corte di cassazione è il seguente: "
il rifiuto ingiustificato di sottoporsi ad indagini ematologiche costituisce un comportamento valutabile da parte del giudice ai sensi dell'art. 116, secondo comma, cod. proc. civ., anche in assenza di prova di rapporti sessuali tra le parti, in quanto proprio la mancanza di prove oggettive assolutamente certe e ben difficilmente acquisibili circa la natura dei rapporti intercorsi tra le stesse parti e circa l'effettivo concepimento, se non consente di fondare la dichiarazione di paternità sulla sola dichiarazione della madre e sull'esistenza di rapporti con il presunto padre all'epoca del concepimento (secondo l'espresso disposto dell'ultimo comma dell'art. 269 cod. civ.), non esclude che il giudice possa desumere argomenti di prova dal comportamento processuale dei soggetti coinvolti, ed in particolare dal rifiuto del preteso padre di sottoporsi agli accertamenti biologici, e possa trarre la dimostrazione della fondatezza della domanda esclusivamente dalla condotta processuale del preteso padre, globalmente considerata e posta in opportuna correlazione con le dichiarazioni della madre. Ha rilevato la Corte di appello che, nella specie, non solo il L. si è rifiutato di sottoporsi agli esami ematologici disposti dal tribunale ma, senza addurre alcun giustificato motivo, ha anche omesso di presentarsi all'udienza fissata per rispondere all'interrogatorio formale deferitogli dalla C. per provare la relazione intercorsa e la conoscenza della sua paternità. La Corte distrettuale calabrese ha ritenuto che tale ingiustificato rifiuto, unitamente ad altri elementi di prova quali una foto che ritrae il L. insieme alla C. e il contenuto del verbale di sommarie informazioni rese da S. S. al Commissariato di P.S. di Paola il 4 ottobre 2010, consente di ritenere provati i fatti dedotti con l'interrogatorio."
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 26 giugno – 31 luglio 2015, n. 16226
Presidente Di Palma – Relatore Bisogni

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