03/03/2014
Decide di fare testamento ma la sua volontà resta inattuata perché non lo scrive penna, con le sue mani.
L'età avanzava; un padre con tre figli decide così di fare un testamento per evitare che i figli, alla sua morte, litigassero tra loro per la divisione dell'eredità. Due figli avevano già ricevuto dal padre ampi aiuti in occasione del loro matrimonio e per l'acquisto dell'abitazione dove erano andati a vivere con la loro nuova famiglia. Vi era ancora da sistemare il terzo figlio che, invece, continuava a vivere in famiglia, con lui.
Il padre ha provveduto così a redigere, dattilografandolo, il suo testamento con il quale ha disposto che la casa dove abitava andasse in eredità al terzo figlio, che ancora viveva con lui e che in vita non aveva ricevuto gli stessi aiuti economici che avevano ricevuto gli altri due. Dopo aver dattilografato diligentemente il suo testamento ha provveduto ad apporre sul testo la sua firma e la data.
Apertasi la successione con la morte del padre, il terzo figlio, però, non ha potuto realizzare il disegno e la volontà del padre perché gli altri due fratelli hanno contestato la validità del testamento perché non era stato redatto di pugno e per intero dal padre. Giuridicamente i due figli avevano ragione. Quel testamento, purtroppo, nonostante la volonta del padre fosse quella di sistemare il figlio, rimasto celibe e con lui convivente, non ha avuto nessun valore ed è rimasto totalmente inattuato.
Quel testamento per essere valido doveva essere scritto integralmente di pugno, parola per parola, concetto per concetto, dalla mano del padre e non doveva essere semplicemente dattiloscritto e controfirmato dal padre.
Ci voleva la penna e la mano e non la mano e la macchina da scrivere.
Il figlio che doveva ancora essere "sistemato" é rimasto così amaramente beffato dai due fratelli che hanno sfruttato l'errore del padre reclamando la divisione di quell'appartamento che era stato destinato al fratello.