22/01/2014
Con la sentenza n. 21760 del 2010, la Suprema Corte di Cassazione ha statuito che il datore di lavoro, una volta esercitato validamente il potere disciplinare in relazione a determinati fatti costituenti infrazioni disciplinari, non può esercitare una seconda volta, per quegli stessi fatti, il medesimo potere.
Si trattava del caso di un dipendente di una banca che aveva accettato versamenti di titoli contraffatti e consentito il prelievo di ingenti somme di denaro senza aver verificato la regolarità della firma sulla girata degli assegni. Per tali fatti in un primo momento era stato sospeso dal servizio; successivamente, oltre due anni dopo la commissione dei fatti, era stato licenziato per giusta causa.
Il tribunale di Salerno, in primo grado annullava il licenziamento ritenendolo illegittimo e tale decisione veniva confermata anche dalla Corte d’Appello di Salerno. Il giudice di secondo grado rilevava infatti che le distinte contestazioni che avevano dato luogo alla sospensione del servizio e al licenziamento, si riferivano a fatti sostanzialmente identici e non potevano, pertanto, giustificare l’irrogazione del licenziamento disciplinare a distanza di due anni dalla prima sanzione. Tale decisione veniva ribadita anche dalla Corte di Cassazione che ha colto l’occasione per specificare che il datore di lavoro può tenere conto delle sanzioni eventualmente applicate, entro il biennio, ai soli fini della recidiva non potendo più esercitare il potere disciplinare ormai consumato.