20/01/2014
Il parlamento nel maggio 2009 ha approvato in via definitiva alcune modifiche del codice di procedura civile. Una di queste modifiche è particolarmente odiosa, perché si caratterizza come norma diretta a limitare e comprimere in modo ingiustificato i diritti del cittadino nel suo rapporto con l'amministrazione della giustizia. Intendiamo riferirci alla nuova previsione relativa alla motivazione della sentenza. La nuova norma approvata dal parlamento, infatti, modificando la precedente disciplina, prevede che d'ora in poi la sentenza deve contenere solo "la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione". L'articolo 118 delle disposizioni di attuazione rincara la dose specificando che la motivazione della sentenza "consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi ".
Prosaicamente, questo significa che i tribunali d'ora in avanti potranno decidere del diritto di qualsiasi cittadino senza necessità di dover esporre in modo adeguato e completo le ragioni della loro decisione. D'ora in poi è sufficiente solo la "succinta esposizione" di queste ragioni.
La norma chiaramente ha l'obiettivo di alleggerire il lavoro dei magistrati ma nel contempo essa comprime inesorabilmente e ingiustificatamente il diritto del cittadino di poter conoscere compiutamente il perché abbia avuto torto in una controversia. La strada che il legislatore con questa norma ha scelto, ancora una volta, è quella di negare il diritto a conoscere del cittadino a beneficio dell'apparato giudiziario. La crisi dell'amministrazione della giustizia non si risolve con questi semplicistici provvedimenti che sono solo dei palliativi a beneficio di qualche magistrato che così potrà scrivere di meno.
Milano 25 Agosto 2009.