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NULLITA' DEL TERMINE NEL CONTRATTO DI LAVORO SUBORDINATO

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08/01/2014



Per il suo interesse si pubblica per esteso la motivazione della sentenza del tribunale di Milano sezione lavoro in materia di nullità del termine apposto a un contratto di lavoro subordinato ai sensi dell‘art. 1, Co. 2 del D. Lgs. 368/01.

“nullita’ del termine
A1) L’art. 1, comma 1, del D. Lgs. 368/01 dispone che “è consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”.
Si deve preliminarmente osservare che con tale previsione il legislatore ha introdotto una clausola molto ampia di legittimazione del contratto a tempo determinato, che per la sua generalità viene a superare l’impostazione della normativa antecedente in vigenza della quale le assunzioni a termine erano vietate salvo che in ipotesi tassative.
Tuttavia, il comma 2 della medesima norma dichiara che “l'apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma l”.
Il legislatore, dunque, a fronte dell’ampiezza delle possibilità nelle quali è possibile concludere un contratto a tempo determinato di cui alla clausola generale dettata nel primo comma dell’art. 1 e alla maggiore autonomia concessa alle parti, ha, tuttavia, espressamente stabilito un onere di “specificazione”, per iscritto, delle ragioni a carico del datore di lavoro. Appare, dunque, che, per la stipulazione di un valido contratto a termine, le ragioni di cui al comma 1 non possono essere letteralmente ripetute o semplicemente determinate senza precisione: tramite una giustificazione che si risolva sostanzialmente in una tautologica riproposizione delle cause di cui al primo comma: sarebbe, infatti, eluso l’onere di specificazione di cui al comma 2.
E’, viceversa, necessario, per assolvere all’onere di specificazione, che dalle ipotesi generali indicate dal legislatore, in via astratta, nella prima parte della norma (“ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”), si passi alla determinazione delle esigenze che, nel caso concreto, legittimano e motivano il ricorso ad una assunzione a termine, così da rendere controllabile da parte del giudice la reale sussistenza delle stesse. 
Si tratta di una specificazione necessaria, ai sensi di legge, nell’ambito del testo negoziale, cosicché si può affermare che si tratti di un elemento essenziale, e di un requisito puramente di carattere formale della fattispecie delineata dal legislatore per la valida apposizione del termine. 
Conseguentemente, qualora dette “ragioni” non siano state specificate (o siano state insufficientemente o tautologicamente esplicitate) nel testo contrattuale ne consegue la invalidità della clausola contenente il termine per carenza di un suo elemento essenziale di carattere formale. 
A2) Diversamente, qualora le “ragioni” delle parti siano state formalmente e sufficientemente specificate nello scritto, ma si accerti, in seguito all’istruttoria, l’insussistenza dei fatti posti a fondamento delle stesse (e quindi delle stesse esigenze dichiarate), la clausola contenente il termine deve essere considerata illegittima per l’assenza di un “presupposto legale” necessario per la sua validità, cioè per il difetto, nel caso concreto, delle ragioni “di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” di cui al comma 1 cit..
Tale conclusione appare, tra l’altro, supportata dalla Direttiva 1999/70 CE, della quale il D. Lgs. 368/01 costituisce attuazione, che, nella clausola 3, definizioni, recita: “ai fini del presente accordo, il termine lavoratore a tempo determinato indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico”. 
L’assenza di quelle condizioni obiettive (ovvero del “compito specifico” o dell’ “evento specifico”, quale può essere, ad es., la sostituzione di una persona assente) che siano state specificate e formalmente dichiarate dalle parti come “ragioni” giustificative del termine, determina l’invalidità della relativa clausola, come del resto sancisce l’art. 1 comma 1 cit. che afferma “consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto” solo “a fronte” delle ragioni nello stesso elencate . A3) Ciò considerato, al fine di potere indicare un parametro per definire a quale livello di specificazione le parti debbano pervenire per ritenere soddisfatto il requisito formale di cui al comma 2 citato, si ritiene che debbano inserire nel testo contrattuale dati sufficienti per consentire nel corso del giudizio di controllare la reale sussistenza delle ragioni menzionate, ovvero in modo da permettere di individuare le reali esigenze dell’azienda alle quali si è inteso sopperire con la stipulazione di un contratto a tempo determinato. 
Si deve, infatti, ritenere che il legislatore - consentendo una maggiore autonomia delle parti rispetto che in passato, prevedendo, in via astratta (in luogo delle ipotesi tassative), l’amplissima e generale casistica di cui all’art. 1 co.1 - abbia posto il suddetto onere di specificazione al fine di evitare che la clausola del termine sia utilizzata (in frode alla legge) anche laddove non ricorrano reali esigenze aziendali. 
Per meglio chiarire, si reputa che il legislatore con la novella non abbia inteso dare una licenza incondizionata al datore di lavoro di derogare alla regola generale dell’assunzione a tempo indeterminato, ma, al contrario, consentendo alle parti di ricorrere al contratto a termine per le più svariate esigenze, ha richiesto che il giudice ne possa controllare la reale esistenza nel caso concreto.
Se si accoglie la prospettata interpretazione, si dovrebbe reputare valido il contratto quando le parti abbiano indicato per iscritto le ragioni - di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo - che nel caso concreto e specifico hanno determinato l’esigenza dell’assunzione a termine, dovendo per questo necessariamente descrivere, seppur sinteticamente, la realtà particolare attinente all’impresa (e, spesso, alle peculiari e concrete necessità relative all’ufficio, interno alla stessa, se di grandi dimensioni) che hanno portato l’imprenditore ad effettuare la scelta di effettuare un’assunzione a termine per coprire il posto di lavoro di cui si tratta.
Così:
-qualora siano presenti indicazioni di tal fatta nel testo del negozio, il giudice non potrebbe sindacare nel merito la scelta imprenditoriale che queste esprimono, ma solamente, tramite la successiva istruttoria, verificare la reale sussistenza dei fatti riportati a supporto (le “condizioni obiettive” di cui alla menzionata norma della Direttiva 1999/70);
-se, viceversa, manchi nel contenuto del contratto una motivazione precisata in tali termini - poichè la norma, come si è anticipato, esige, quale requisito, la specificazione per iscritto delle ragioni delle parti - si verserebbe in una ipotesi di nullità della clausola attinente al termine per difetto di un elemento essenziale di carattere formale della fattispecie tipica delineata dal legislatore per la costituzione di un valido rapporto a tempo determinato: non potrebbe, in tal caso, il datore di lavoro, dato il vizio formale, dimostrare, in via istruttoria, la sussistenza nel caso concreto delle ragioni, del tipo di quelle di cui all’art. 1 co. 1 cit., da porre come presupposto della legittimità della clausola contenente il termine.

B) IL CONTRATTO DI CUI SI TRATTA IN CAUSA.
Venendo, a tal punto, ad esaminare il contratto sottoposto al presente giudizio, si deve porre in evidenza come la clausola giustificativa del termine appaia del tutto generica e non soddisfacente i requisiti sopra meglio descritti, condividendosi sul punto il rilievo mosso dalla difesa di parte attrice.
Infatti, la motivazione dedotta, ovvero la soddisfazione della “specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale, addetto al servizio Recapito, presso il Polo Corrispondenza Lombardia, assente nel periodo dal 16.11.04 al 15.1.05” non viene a indicare le concrete “ragioni” che hanno determinato le parti a stipulare il contratto a tempo determinato. Invero, il riferimento alla sostituzione del personale, genericamente individuato come assente (con la sola precisazione dell’appartenenza al servizio Recapito), non appalesa quale sia stata la specifica esigenza aziendale nel periodo indicato, per di più in un ambito tanto vasto quanto è quello della Regione Lombardia.
Né induce a reputare meglio chiarite le reali istanze aziendali, il fatto che nel testo negoziale sia posta l’assegnazione del dipendente nell’UDR Milano Isola, tenuto conto che la motivazione suddetta adducente ragioni sostitutive, dall’esame del testo contrattuale, non risulta direttamente causalmente collegata con le carenze attinenti a tale centro, ma a quelle dell’intera Regione Lombardia.
I dati posti nel contratto, dunque, non rendono trasparenti le esigenze peculiari del datore di lavoro e, d’altra parte, impediscono ogni verifica circa la reale sussistenza delle cause dichiarate.
Né, attenendo ad un elemento essenziale del contratto, di tipo formale, potrebbero essere integrati nel corso del processo. Ulteriore riprova della genericità della formula posta nella clausola è che, se accettata, consentirebbe a una azienda di notevoli dimensioni, quale le Poste Italiane SPA, di far sempre ricorso al contratto a termine in un’area tanto vasta come quella della Lombardia, considerato che in tale ambito ogni giorno è assente fisiologicamente una significativa percentuale di personale per le indicate ragioni.
Sempre sul punto, giova ribadire che è certamente consentito di far uso della fattispecie di cui al D. Lgs. 368/01 anche alle grandi imprese, ma appare per le stesse comunque necessario adempiere alle prescrizioni di legge anche di carattere formale.
Così, se in una azienda di piccola struttura risulta più agevole identificare, in poche parole, la ragione che determina l’esigenza aziendale che sottostà all’assunzione, in una di più elevata entità occorre normalmente una maggiore attenzione per delineare il bisogno proprio del settore e dell’ufficio, interno alla stessa, che si è inteso soddisfare con il contratto a termine, ma tale maggiore obbligo di precisione non esime i datori di lavoro dagli oneri posti dal comma 2 dell’art. 1 cit.. Nel caso in esame, quindi, la clausola in parola, stante il suo contenuto, non può essere considerata conforme ai canoni stabiliti dal dettato legislativo.” (Tribunale di Milano sez. Lavoro).

Milano 30/11/2006

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