22/05/2022
La Corte Costituzionale un anno fa, con la sentenza n. 59, ha dichiarato l’incostituzionalità del comma 7 dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, così come modificato dalla legge Fornero del 2012, nella parte in cui a fronte del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, con motivazione che si era rivelata manifestatamente insussistente, attribuiva al giudice la facoltà discrezionale di ordinare la reintegrazione nel posto di lavoro con il risarcimento del danno fino a 12 mese di retribuzione oppure di riconoscere il solo risarcimento del danno da 12 a 24 mensilità di retribuzione, senza reintegrazione nel posto di lavoro.
La Corte è intervenuta nuovamente sul comma 7 dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori con la sentenza n. 125 dichiarando la non costituzionalità di detto comma nella parte in cui prevede per i lavoratori assunti in epoca antecedente all’entrata in vigore del Jobs act (7 marzo 2015) alle dipendenze di aziende che occupano più di 15 addetti, la reintegrazione nel posto di lavoro solo nel caso in cui il licenziamento fosse caratterizzato da manifesta infondatezza nelle sue ragioni organizzative, produttive ed economiche. La reintegrazione d’ora in poi si otterrà di diritto anche nel caso in cui il licenziamento per giustificato motivo oggettivo non abbia la “manifesta infondatezza”; è sufficiente la semplice infondatezza, senza aggettivi e connotati.
Questo diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro non si può riconoscere solo nel caso in cui il licenziamento per giustificato motivo oggettivo sia dichiarato illegittimo per motivi diversi dalle ragioni organizzative come, ad esempio, per violazione dei criteri di scelta del lavoratore da licenziare. In quest’ultimo caso il lavoratore avrà diritto solo all’indennità risarcitoria che va da 12 a 24 mensilità della retribuzione, senza il diritto di ritornare a prestare la sua attività lavorativa in azienda.
La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la norma della legge Fornero del 2012 sul licenziamento per giustificato motivo oggettivo, così come delineata all’epoca dal parlamento, perché ritiene che abbia violato il principio di uguaglianza e si presenta irragionevole nella soluzione adottata per gli obbiettivi che il legislatore stesso si era prefisso di raggiungere.
Contro il licenziamento illegittimo per giustificato motivo oggettivo d’ora in poi i lavoratori avranno piena e fortissima tutela giuridica cancellando quel requisito della “manifesta infondatezza “che ha fatto tanto discutere i cultori del diritto del lavoro.
La Corte Costituzionale ha ribadito che nel nostro ordinamento giuridico esiste il “diritto del lavoratore di non essere ingiustamente licenziato”. Questo diritto deve essere adeguatamente tutelato. Il meccanismo delle tutele della legge Fornero non è stato ritenuto compatibile con i principi costituzionali.
La Corte ha colto l’occasione per ribadire che “il legislatore, pur nell’ampio margine di apprezzamento di cui dispone, è vincolato al rispetto dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza e “La diversità dei rimedi previsti dalla legge deve sempre essere sorretta da una giustificazione plausibile e deve assicurare l’adeguatezza delle tutele riservate al lavoratore illegittimamente espulso." Tutti questi criteri nella disciplina del licenziamento per giustificato motivo oggettivo della legge Fornero del 2012 sono stati ritenuti mancanti.
Il comma 7 dell’articolo 18 che disciplina il licenziamento per giustificato motivo oggettivo così come concepito dalla legge Fornero del 2012, è stato smontato inella parte più significativa per mano giudiziaria.
La nuova norma si applica anche alle cause in corso. Non ha, invece, effetto sulle sentenze che sono già passate in giudicato.
Arbitro la Corte costituzionale, calcisticamente, a distanza di 10 anni dalla entrata in vigore della legge Fornero, la partita si è chiusa al momento con la vittoria dei lavoratori con il punteggio di due a zero.
Questo risultato è stato ottenuto senza lotte politiche e sindacali, senza indire referendum e senza un’ora di sciopero o di stato di agitazione.
In questo momento storico, la via giudiziaria si presenta come la più efficace arma a difesa dei lavoratori contro le scelte delle maggioranze parlamentari. I giudici sono lenti ma prima o poi arriva il severo esame sulla costituzionalità delle norme.
Il comma 7 dell’art 18 della legge Fornero del 2012 prima dell'intervento della Corte Costituzionale |
Il comma 7 dell’art. 18 con i due interventi di censura della Corte Costituzionale del 2021 e del 2022 |
|
|
In allegato riportiamo il testo integrale della sentenza della Corte Costituzionale.
AI CLIENTI DELLO STUDIO
Per una migliore organizzazione, in termini di efficienza e di assoluta tempestività, per le consultazioni con lo studio, che abbiano carattere di urgenza, vi suggeriamo di usare la videoconferenza. Realizzare un sistema di videoconferenza è estremamente semplice, e a costo zero. Un computer, che abbia un video con le casse incorporate, e il collegamento via internet con banda larga é tutto quello che occorre. Il sistema consente di avere confronti e colloqui in via immediata, con risparmio di tempo e di costi da parte di tutti. Uno strumento eccezionale per il lavoro e per il collegamento tra i vostri uffici e lo studio.
La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di carità. Per questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo