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NEL LICENZIAMENTO COLLETTIVO LA COMPARAZIONE SOGGETTIVA DEVE ESSERE FATTA TRA TUTTI I LAVORATORI OCCUPATI NEI VARI APPALTI.

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29/06/2020

Sotto la legge Fornero del 2012, senza comparazione vi è la reintegrazione nel posto di lavoroo

Con ricorso avanti il tribunale di Milano alcune lavoratrici dipendenti di una cooperativa, ma applicate presso un grosso albergo metropolitano in esecuzione di un appalto per i servizi di pulizia e facchinaggio, hanno riferito di essere state licenziate con la procedura del licenziamento collettivo. Il licenziamento   aveva riguardato le sole lavoratrici addette a quel solo appalto dei servizi di pulizia facchinaggio, senza che fosse stata effettuata alcuna comparazione con gli altri lavoratori addetti alle altre strutture alberghiere presso le quali svolgevano identico servizio.

Le lavoratrici hanno sostenuto che la cooperativa aveva gestito la procedura del licenziamento collettivo senza considerare l’esistenza, in capo alla stessa, di altre unità produttive, con i cui addetti li lavoratrici dell’appalto chiuso potevano e dovevano essere comparate.

La cooperativa, invece, ha sostenuto che la scelta dei lavoratori da avviare alla mobilità ben poteva essere limitata ad un solo reparto o unità dell'azienda, senza dover essere estesa all'intero complesso aziendale, ove ciò fosse (come era) giustificato da effettive esigenze tecnico-organizzative.

Il tribunale di Milano ha accolto la domanda delle lavoratrici con la seguente motivazione:

“Come è noto, nel licenziamento collettivo, in mancanza dell'accordo tra le parti, sono previsti dalla legge precisi criteri da seguire in concorso tra di loro al fine di scegliere i lavoratori da licenziare:

carichi di famiglia;

anzianità;

esigenze tecnico-produttive ed organizzative.

La comparazione delle diverse posizioni dei lavoratori deve essere effettuata nel rispetto del principio di buona fede e correttezza (artt. 1175 e 1375 c.c.) inteso come regola di equilibrata conciliazione dei conflittuali interessi delle parti (Cass. 2 dicembre 2009, n. 25353; Cass. 21 giugno 2007, n. 14488).

La comparazione inoltre deve essere effettuata nell'ambito dell'intero complesso organizzativo e produttivo (così App. Milano, 20 settembre 2013, n. 1062; Cass., sez. lav., 5 agosto 2013, n. 18617).

Fa eccezione il caso in cui la chiusura (o la ristrutturazione) riguardi solamente un settore o un ramo d'azienda ed esaurisca in tale ambito i suoi effetti. Ma in tale ipotesi l'applicazione dei criteri di scelta può avvenire in ambito più ristretto a condizione che (Cass. 3 maggio 2006, n. 10198):

ciò sia giustificato dalle esigenze tecnico-produttive ed organizzative che hanno dato luogo alla riduzione del personale (Cass. 24 gennaio 2002, n. 809);

nel settore o reparto interessato non sussistano professionalità suscettibili di utilizzazione nel settore o ramo nel quale l'attività viene mantenuta (Cass. 10 maggio 2003, n. 7169). Ad esempio, è stata ritenuta illegittima la scelta di licenziare dei lavoratori solo perché addetti al reparto lavorativo soppresso, trascurando così di tenere conto che gli stessi avevano, con frequenza ed in tempi non remoti, sostituito colleghi addetti ad altri reparti con un'indubbia e non contestata professionalità.

Nessuna prova della specie di quelle indicate è stata fornita dalla cooperativa”

Nella causa era emerso che le lavoratrice licenziate erano tutte addette “alle pulizie e/o facchinaggio e svolgevano le stesse mansioni di tutti gli altri addetti alle altre sedi e che l’appalto come tutti gli altri appalti, era radicalmente privo di una propria autonomia, dipendendo in tutto e per tutto dalla struttura centrale, il che rendeva ulteriormente illegittima la scelta della società di aprire la procedura solo con riferimento ai lavoratori impegnati presso questa struttura.”

In Conseguenza della violazione dei criteri di scelta è stata ordinata la reintegrazione nel posto di lavoro con la indennità risarcitoria (art. 5 comma 3, l. 223/91), commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto, dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, “dedotto quanto il lavoratore abbia percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell'indennità non può essere superiore a 12 mensilità della retribuzione globale di fatto.”

Tribunale di Milano Sentenza n. 899/2017 pubbl. il 28/03/2017, giudice Dottor Mariani.

Cancellazione del lavoratore dalla lista di mobilità

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Criteri di scelta dei lavoratori da licenziare.

15/12/2014 Nella procedura del licenziamento collettivo l'individuazione dei lavoratori da licenziare deve avvenire, in relazione alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale, nel rispetto dei criteri previsti da contratti collettivi stipulati con i sindacati, ovvero in mancanza di questi contratti, nel rispetto dei seguenti criteri, in concorso tra loro: a ) carichi di... [Leggi tutto]

Procedura del licenziamento collettivo

14/12/2014   L'impresa, con più di 15 addetti , che ritenga, nell'arco di 120 giorni , di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori ha facoltà di avviare la procedura di licenziamento collettivo .La procedura si avvia con la comunicazione preventiva per iscritto alle rappresentanze sindacali aziendali. La comunicazione deve contenere indicazione: dei... [Leggi tutto]

Comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro agli enti amministrativi

Entro 5 giorni dalla data risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad informare il Centro per l’impiego competente della cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, Legge n. 264/1949).

 La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.

 L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003).