A- A A+

Vietare l'uso del velo non è discriminazione

tag  News 

16/01/2020

lo dice la corte di giustizia europea

Un'azienda con sede in Belgio vieta ai propri dipendenti di indossare sul luogo di lavoro segni visibili delle loro convinzioni politiche, filosofiche o religiose e di compiere qualsiasi rituale che derivi da tali convinzioni. Dopo questo divieto è sorta una controversia con una dipendente di fede islamica che si presentava sul luogo di lavoro con il velo. La Corte di Giustizia dell'Unione Europea è stata chiamata a dirimere la controversia sulla sussistenza di una discriminazione diretta di natura religiosa nei confronti della dipendente.

La corte di giustizia ha enunciato questo principio giuridico dichiarando che " L’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel senso che il divieto di indossare un velo islamico, derivante da una norma interna di un’impresa privata che vieta di indossare in modo visibile qualsiasi segno politico, filosofico o religioso sul luogo di lavoro, non costituisce una discriminazione diretta fondata sulla religione o sulle convinzioni personali ai sensi di tale direttiva.

Siffatta norma interna di un’impresa privata può invece costituire una discriminazione indiretta ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78, qualora venga dimostrato che l’obbligo apparentemente neutro da essa previsto comporta, di fatto, un particolare svantaggio per le persone che aderiscono ad una determinata religione o ideologia, a meno che esso sia oggettivamente giustificato da una finalità legittima, come il perseguimento, da parte del datore di lavoro, di una politica di neutralità politica, filosofica e religiosa nei rapporti con i clienti, e che i mezzi impiegati per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari, circostanza, questa, che spetta al giudice del rinvio verificare." (Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, sentenza 14 marzo 2017, causa C–157/15)

Per il suo interesse vi offriamo in lettura il testo integrale della sentenza della Corte di Giustizia UE.

Il contratto collettivo lo scelgono liberamente le parti

01/05/2023 Con la lettera di assunzione al rapporto di lavoro è stato applicato il contratto collettivo delle imprese industriali esercente servizi di pulizia. La lavoratrice rivendica il diritto di avere l'applicazione del diverso contratto collettivo per i dipendenti non medici della sanità privata, in considerazione delle mansioni effettivamente svolte e del settore di... [Leggi tutto]

Niente anzianità di servizio col passaggio dell'appalto

15/04/2023 Lavorano nell'appalto di reception e portineria del Politecnico di Milano prestando la loro attività alle dipendenze delle 4 imprese appaltatrici che nel tempo si sono aggiudicate l'appalto; alle dipendenze dell'ultima impresa aggiudicatrice rivendicano il diritto a continuare a godere dei trattamenti migliori che hanno conseguito nei rapporti di lavoro precedenti. L'ultima impresa... [Leggi tutto]

Spetta al lavoratore provare di aver eseguito ore di lavoro straordinario

08/02/2023 Il lavoratore che ricorre dinanzi all’autorità giudiziaria per far accertare, tra l’altro, l'orario di lavoro effettivamente prestato e la conseguente corresponsione del compenso per il lavoro straordinario, ha l'onere di dimostrare di aver lavorato oltre l'orario normale di lavoro, senza che l'assenza di tale prova possa esser supplita dalla valutazione equitativa del... [Leggi tutto]