19/11/2019
Il datore di lavoro contesta al responsabile di un suo punto vendita una pluralità di inadempienze agli obblighi contrattuali e lo licenzia: il tribunale e la corte di appello dichiarano la illegittimità del licenziamento intimato al lavoratore, reintegrandolo nel posto di lavoro e riconoscendogli un risarcimento dei danno pari ad un anno della sua retribuzione globale di fatto percepita.
Il datore di lavoro, non soddisfatto delle decisioni dei giudici di merito, ha proposto ricorso in Cassazione ma anche questa Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, dandogli così definitivamente torto.
Nella controversia giudiziaria, tra i vari punti, si dibatteva anche sull’osservanza del principio della tempestività o meno con la quale l’azienda aveva contestato al lavoratore i plurimi fatti che aveva ritenuto di rilevanza disciplinare. Il tribunale e la Corte di Appello hanno ritenuto che questo requisito nel caso sottoposto al loro esame non fosse stato osservato.
Per la Cassazione dall’istruttoria dei giudici di merito era emerso che la datrice di lavoro aveva avuto piena e immediata conoscenza dei fatti di rilevanza disciplinare. Il ritardo nella “ contestazione dell'addebito non può essere giustificato dal fatto che i diretti superiori gerarchici del lavoratore abbiano omesso di riferire tempestivamente agli organi titolari del potere disciplinare in ordine all'infrazione posta in essere dal dipendente.”
Per la Cassazione “Il principio dell'immediatezza della contestazione mira, da un lato, ad assicurare al lavoratore incolpato il diritto di difesa nella sua effettività, così da consentirgli il pronto allestimento del materiale difensivo per poter contrastare più efficacemente il contenuto degli addebiti, e, dall'altro, nel caso di ritardo della contestazione, a tutelare il legittimo affidamento del prestatore - in relazione al carattere facoltativo dell'esercizio del potere disciplinare, nella cui esplicazione il datore di lavoro deve comportarsi in conformità ai canoni della buona fede - sulla mancanza di connotazioni disciplinari del fatto incriminabile”.
La Cassazione ha ribadito che “Come pure è stato ripetutamente affermato nella giurisprudenza di questa Corte, il criterio dell'immediatezza deve essere inteso in senso relativo, poiché si deve tener conto delle ragioni che possono far ritardare la contestazione, tra cui il tempo necessario per il compimento delle indagini dirette ad accertare i fatti e la complessità dell'organizzazione aziendale “. Cassazione sentenza sezione lavoro n. 28926 Data pubblicazione: 08/11/2019.
I fatti disciplinari, una volta accaduti e accertati nella loro esistenza, devono essere contestati senza indugio, se si vogliono far valere contro il lavoratore. Il ritardo comporta la illegittimità di qualsiasi provvedimento disciplinare, sia delle sanzioni conservative che di quelle espulsive.
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