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L’esternalizzazione di un servizio legittima il licenziamento per motivi organizzativi

L’esistenza di eventuali contratti di somministrazione temporanea è irrilevante

La società datrice di lavoro ha intimato il licenziamento a un' impiegata perché ha modificato il suo assetto  operativo che prevede che le mansioni svolte dalla dipendente siano da una parte accorpate presso un altro ufficio del personale già in essere e dall'altra parte, con specifico riferimento alla gestione dei cedolini e delle buste paga dei lavoratori, definitivamente esternalizzate presso uno studio di consulenza del lavoro. In ragione di tutto ciò la posizione della dipendente è stata soppressa perché non più funzionale né economicamente giustificabile all'interno del nuovo contesto organizzativo. La società non aveva altre posizioni lavorative ove fosse possibile ricollocare la dipendente. Con questa motivazione è stato intimato il licenziamento per giustificato  motivo oggettivo.

Il tribunale di Milano ha ritenuto il licenziamento fondato per la concorrenza delle scelte organizzative dell'azienda che hanno previsto l’esternalizzazione di alcuni servizi e l'accentramento di altri. Questa scelta del datore di lavoro è insindacabile rientrando nella sfera di intangibilità dell'iniziativa economica costituzionalmente garantita.

Il personale assunto nei mesi immediatamente antecedenti e successivi al licenziamento della lavoratrice hanno riguardato esclusivamente posizioni dirigenziali e posizioni richiedenti  competenze tecniche estranee al bagaglio professionale della lavoratrice.

La lavoratrice licenziata, peraltro, da parte sua, non ha dedotto nella causa avanti il tribunale  l'esistenza di specifiche posizioni lavorative disponibili che avrebbe potuto utilmente ricoprire. Si tratta di una collaborazione processuale che la lavoratrice avrebbe dovuto offrire in maniera adeguata. Il fatto che non abbia indicato posizioni che avrebbe potuto ricoprire conferma l'impossibilità di poterla utilmente utilizzare all'interno dell'azienda. Del tutto irrilevanti, poi, sono le assunzioni a termine con il ricorso alla somministrazione temporanea di lavoro.

La comparazione, al fine di individuare il lavoratore da licenziare, nell'ambito di una platea di lavoratori svolgenti mansioni fungibili, non può tener conto solo dei criteri dell'anzianità di servizio o di quell'anagrafica o dei carichi di famiglia purché vi siano altri criteri non arbitrari ma improntati a razionalità e graduazione delle posizioni. La violazione di questi limiti si tradurrebbe in un’indebita ingerenza giudiziale nella sfera di autonomia economica del datore di lavoro.

Il datore di lavoro, inoltre, non ha obbligo al fine di conservare il rapporto di lavoro di trasformarlo in part time. Nella riorganizzazione aziendale è stata soppressa l'intera posizione lavorativa. Imporre una soluzione giudiziaria diversa comporterebbe una penetrante ingerenza nelle scelte datoriali che, invece, sono insindacabili. Tribunale di Milano sezione lavoro, giudice Dott. Antonio Lombardi sentenza n. 7200 pubblicata il 13 maggio 2019.

 

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Comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro agli enti amministrativi

Entro 5 giorni dalla data risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad informare il Centro per l’impiego competente della cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, Legge n. 264/1949).

 La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.

 L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003). 

Termini di decadenza per l'impugnazione del licenziamento

Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch' essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volonta' del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. L'impugnazione e' inefficace se non e' seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato. Qualora la conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l'accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo. Legge 604/1966

Tentativo preventivo di conciliazione

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, qualora disposto da un datore di lavoro che occupi più di 15 addetti, deve essere preceduto da una comunicazione effettuata dal datore di lavoro alla Direzione territoriale del lavoro del luogo dove il lavoratore presta la sua opera, e trasmessa per conoscenza al lavoratore. Nella comunicazione il datore di lavoro deve dichiarare l'intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonche' le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. La Direzione territoriale del lavoro trasmette la convocazione al datore di lavoro e al lavoratore nel termine perentorio di sette giorni dalla ricezione della richiesta: l'incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione. La comunicazione contenente l'invito si considera validamente effettuata quando e' recapitata al domicilio del lavoratore indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio formalmente comunicato dal lavoratore al datore di lavoro, ovvero e' consegnata al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta. Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato oppure da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro. La procedura si conclude entro venti giorni dal momento in cui la Direzione territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione per l'incontro. La mancata presentazione di una o entrambe le parti al tentativo di conciliazione e' valutata dal giudice nel successivo ed eventuale contenzioso giudiziario. Legge 604/1966 art. 7.

Durante la prova si può licenziare anche verbalmente

Il licenziamento deve essere comunicato per iscritto e devono essere indicati i motivi. I lavoratori assunti in prova  possono essere licenziati anche oralmente. Ma è consigliabile usare anche per essi la forma scritta con la motivazione del mancato superamento della prova. Legge 604/1966