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Il tribunale afferma la semplice illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo con la corresponsione della sola indennità risarcitoria

La corte d'appello riforma la sentenza e dichiara la natura ritorsiva del licenziamento con diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro

Il tribunale di Roma , pronunciandosi sull'impugnazione del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato dall'azienda, dichiarava illegittimo il recesso. Nel contempo, però, il tribunale dichiarava risolto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condannava il datore di lavoro al solo pagamento di un'indennità risarcitoria pari al 22 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto percepita, oltre accessori. Contro la sentenza proponeva reclamo il lavoratore assumendo che il licenziamento aveva in realtà natura ritorsiva con la conseguente esistenza del suo diritto ad essere reintegrato nel posto di lavoro con il risarcimento del danno. La corte di appello, riformando la sentenza del tribunale, rilevava che in effetti il licenziamento per giustificato motivo oggettivo era infondato perché le mansioni già svolte da quel lavoratore erano state assegnate ad un altro lavoratore e che l'assunta riorganizzazione aziendale era del tutto inesistente considerato che la riorganizzazione sarebbe stata programmata nel 2011 ma il provvedimento del licenziamento adottato nel 2015. Il licenziamento, per la corte di appello, in effetti era connesso alle rivendicazioni economiche con la rivendicazione del diverso e superiore inquadramento richiesto in precedenza dal lavoratore e con la circostanza della fruizione di un periodo di malattia da parte dello stesso collaboratore. Queste circostanze sono state utilizzate dalla corte di appello come indizi univoci e concordanti per affermare la natura ritorsiva del licenziamento intimato al lavoratore. Dalla natura ritorsiva del licenziamento consegue l'obbligo aziendale della reintegrazione nel posto di lavoro.

L'azienda ha reagito alla sentenza della corte d'appello proponendo ricorso in cassazione con la prospettazione di ben 7 motivi. La cassazione, però, ha rigettato integralmente tutti i motivi proposti perché inammissibili: per la cassazione il datore di lavoro con i suoi motivi intendeva ottenere una diversa valutazione di fatti di causa. Ma la cassazione non ha il potere di intervenire sulla valutazione dei fatti perché questa valutazione è rimessa interamente ai giudici di merito. Il ricorso datoriale, pertanto, è stato dichiarato inammissibile e respinto.
Cassazione sentenza numero 11.352, resa pubblica il 29 aprile 2019.

Comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro agli enti amministrativi

Entro 5 giorni dalla data risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad informare il Centro per l’impiego competente della cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, Legge n. 264/1949).

 La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.

 L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003). 

Termini di decadenza per l'impugnazione del licenziamento

Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch' essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volonta' del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. L'impugnazione e' inefficace se non e' seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato. Qualora la conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l'accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo. Legge 604/1966

Tentativo preventivo di conciliazione

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, qualora disposto da un datore di lavoro che occupi più di 15 addetti, deve essere preceduto da una comunicazione effettuata dal datore di lavoro alla Direzione territoriale del lavoro del luogo dove il lavoratore presta la sua opera, e trasmessa per conoscenza al lavoratore. Nella comunicazione il datore di lavoro deve dichiarare l'intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonche' le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. La Direzione territoriale del lavoro trasmette la convocazione al datore di lavoro e al lavoratore nel termine perentorio di sette giorni dalla ricezione della richiesta: l'incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione. La comunicazione contenente l'invito si considera validamente effettuata quando e' recapitata al domicilio del lavoratore indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio formalmente comunicato dal lavoratore al datore di lavoro, ovvero e' consegnata al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta. Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato oppure da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro. La procedura si conclude entro venti giorni dal momento in cui la Direzione territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione per l'incontro. La mancata presentazione di una o entrambe le parti al tentativo di conciliazione e' valutata dal giudice nel successivo ed eventuale contenzioso giudiziario. Legge 604/1966 art. 7.

Durante la prova si può licenziare anche verbalmente

Il licenziamento deve essere comunicato per iscritto e devono essere indicati i motivi. I lavoratori assunti in prova  possono essere licenziati anche oralmente. Ma è consigliabile usare anche per essi la forma scritta con la motivazione del mancato superamento della prova. Legge 604/1966