01/07/2019
È sorta una controversia giudiziaria tra alcuni lavoratori e la De Vizia Transfer spa, che opera nel settore della raccolta dei rifiuti, sull’obbligo di chi debba provvedere al lavaggio e alla manutenzione dei dispositivi di protezione individuale. In particolare la controversia aveva ad oggetto i costi della pulizia e della manutenzione della tuta da lavoro.
La corte di appello ha respinto la domanda dei lavoratori facendo leva sulla definizione di D.P.I. -dispositivi di protezione individuale- ( dettata dall'art. 40, comma 1, D.Lgs. n. 626 del 1994, ("qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o piu' rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo"), nonché le previsioni di cui al D.Lgs. n. 475 del 1992 e alla circolare del Ministero del Lavoro n. 34 del 29.4.99, ha precisato come dispositivi di protezione individuale fossero solo quelli aventi, secondo valutazioni tecnico scientifiche, la funzionalità tipica di protezione dai rischi per la salute e la sicurezza e che rispondessero ai requisiti normativamente dettati per la relativa realizzazione e commercializzazione. Richiamando queste norme la corte di appello ha escluso che gli indumenti da lavoro forniti dalla società datoriale potessero essere qualificati come dispositivo di protezione individuale in quanto non destinati a fornire una adeguata protezione dai rischi di contatto con sostanze nocive o agenti patogeni.
La Cassazione non ha condiviso questo orientamento e ha riformato la sentenza dando ragione ai lavoratori.
Con particolare riferimento agli operatori ecologici, addetti alla raccolta dei rifiuti, la Cassazione ha ribadito l'obbligo datoriale di manutenzione e lavaggio degli indumenti da lavoro sul presupposto, fattuale e logico, della qualificazione degli indumenti medesimi come dispositivi di protezione individuale (d.p.i). Il datore di lavoro ha l’obbligo per legge di fornire ai lavoratori i dispositivi di protezione individuale, li deve mantenere in efficienza assicurando le condizioni di igiene, la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie. Le tute nel caso esaminato dalla corte rappresentano per gli operatori ecologici l'unico schermo di protezione in concreto utilizzabile contro il possibile contatto con sostanze nocive per la salute.
Per la cassazione “ l'art. 40, comma 1, D.lgs. n. 626 del 1994, e la nozione legale di D.P.I., per l'ampio tenore letterale della previsione e la precipua finalitàÌ� di tutela di beni fondamentali del lavoratore, deve essere letta, in conformitàÌ� alla giurisprudenza di questa Corte, nel senso di includere nella categoria dei D.P.I. qualsiasi attrezzatura, complemento o accessorio che possa in concreto costituire una barriera protettiva, sia pure ridotta o limitata, rispetto a qualsiasi rischio per la salute e la sicurezza del lavoratore, ai fini dell'adempimento datoriale all'obbligo, posto dall'art. 4, comma 5, Digs. n. 626 del 1994”.
Da tutto questo consegue per l'azienda l'obbligo di sopportare i costi di lavaggio e di manutenzione delle tute.
Cassazione Ord. Sez. L Num. 17132 Anno 2019 Data pubblicazione: 26/06/2019.
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