06/02/2019
Un dipendente dell’INAIL ha subito un incidente stradale mentre si recava al lavoro con la propria automobile. Successivamente, il lavoratore ha agito avanti il Tribunale rivendicando nei confronti dell’istituto previdenziale il diritto di percepire l’indennizzo dovuto all’asserito infortunio in itinere.
Il Tribunale ha accolto la domanda del lavoratore, ma la Corte d’appello ha riformato la sentenza dando ragione all’INAIL e argomentando che il percorso effettuato dal lavoratore “non trovava ragionevole spiegazione”, in quanto “non era il più breve” e non si è verificato “durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro”.
Il lavoratore ha proposto ricorso in Cassazione avverso questa decisione. Il ricorso è stato però dichiarato inammissibile in quanto la Corte ha ritenuto non censurabile il ragionamento dei giudici d’appello, trattandosi, nel caso di specie, di “una interruzione o deviazione (effettuata dal lavoratore, ndr) del tutto indipendenti dal lavoro, o, comunque, non necessitate”.
Il lavoratore, pertanto, è stato ritenuto responsabile dell’incidente occorso a sé stesso, ravvisandovi i giudici “una ipotesi di rischio elettivo, causata dal lavoratore per scelte personali tali da interrompere il nesso di causalità tra il lavoro e l’evento subito”.
Per poter rivendicare l’indennizzo dovuto ad un incidente automobilistico sulla strada casa-lavoro, è necessario che esso si sia verificato sul tragitto normale e più breve e che il lavoratore non abbia contribuito con il suo comportamento ad aumentare il rischio del verificarsi dell’incidente.
(Corte di Cassazione, sez. VI Civile - L, ordinanza 6 novembre 2018 – 5 febbraio 2019, n. 3376)