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L’impresa che subentra nell'appalto può apporre il patto di prova anche se il lavoratore ha già prestato la sua opera nello stesso appalto

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06/10/2018

Con il patto di prova il datore di lavoro valuta i comportamenti e la personalità del lavoratore e non solo la capacità lavorativa

Un lavoratore ha prestato la sua attività lavorativa alle dipendenze di più imprenditori che si erano  succeduti nel tempo nella titolarità di un contratto di appalto. Cambiava l’impresa appaltatrice che eseguiva i lavori ma il suo rapporto di lavoro continuava con l’impresa che assumeva il nuovo appalto. Nell’ultimo cambio di appalto, però, la nuova impresa appaltatrice subentrante ritiene di doverlo assumere ma apponendo al contratto di lavoro il patto di prova. All’esito della prova che non ritiene superato, l’impresa intimava a quel lavoratore il licenziamento per mancato superamento della prova.

Il lavoratore ha impugnato il licenziamento sostenendo la nullità del patto di prova. Il tribunale ha respinto il ricorso assumendo che i precedenti rapporti di lavoro si erano svolti alle dipendenze di soggetti diversi dalla nuova impresa appaltatrice; questa diversità soggettiva, anche se le mansioni sono rimaste le medesime, rende valido il patto di prova. La corte di appello ha condiviso la sentenza del tribunale e ha confermato la decisione. Il lavoratore ha fatto ricorso in cassazione.

La cassazione, però, ha riconfermato la decisione dei giudici di merito con la seguente motivazione.

“Questa corte ha avuto occasione di chiarire che "Nel lavoro subordinato, il patto di prova tutela l'interesse di entrambe le parti a sperimentarne la convenienza, sicchè è illegittimamente stipulato ove la suddetta verifica sia già intervenuta, con esito positivo, per le stesse mansioni e per un congruo lasso di tempo. Ne consegue che la ripetizione del patto di prova in successivi contratti di lavoro tra le medesime parti è ammissibile solo se, in base all'apprezzamento del giudice di merito, vi sia la necessità per il datore di lavoro di verificare, oltre alle qualità professionali, anche il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all'adempimento della prestazione, trattandosi di elementi suscettibili di modificarsi nel tempo per molteplici fattori, attinenti alle abitudini di vita o a problemi di salute (Cass. n. 15059/015).

Il principio in questione, se pur riferito ad una fattispecie, quale quella in esame, in cui il patto di prova riguardi una prestazione con mansioni di eguale contenuto resa in successione in favore di differenti datori di lavoro nell'appalto, deve comunque confrontarsi con l'eguale necessità che vi sia la possibilità per il datore di lavoro di verificare, oltre alle qualità professionali, anche il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all'adempimento della prestazione, trattandosi di elementi suscettibili di modificarsi nel tempo per molteplici fattori, attinenti alle abitudini di vita o a problemi di salute (Cass. n. 15059/015).

In ragione del contemperamento delle diverse esigenze ed interessi sottesi al risultato della prova, risulta quindi coerente la valutazione della Corte territoriale relativa alla legittimità del patto di prova inserito in un contratto di nuova stipulazione che , se pur operante nel contesto dell'appalto, lasci inalterata la necessità di valutazione del permanere degli elementi di qualificazione della prestazione lavorativa ivi compreso il vincolo fiduciario, soprattutto in presenza di differenti datori di lavoro.

In conseguenza di quanto detto deve quindi ritenersi che "il licenziamento intimato nel corso o al termine del periodo di prova, avendo natura discrezionale, non deve essere motivato, neppure in ordine alla valutazione della capacità e del comportamento professionale del lavoratore stesso; incombe, pertanto, sul lavoratore licenziato, che deduca in sede giurisdizionale la nullità di tale recesso, l'onere di provare, secondo la regola generale di cui all'art. 2697 c.c., sia il positivo superamento del periodo di prova, sia che il recesso è stato determinato da motivo illecito e quindi, estraneo alla funzione del patto di prova"( Cass. n.1180/2017).“

Cassazione Ord. Sez. Lavoro Num. 18268 / 2018 pubblicata il 11/07/2018

Il contratto di appalto.

L'appalto è il contratto con il quale un soggetto assume l'obbligo di eseguire un servizio o prestare un’ opera in contropartita di un corrispettivo. L'appalto è genuino quando l'appaltatore è un vero imprenditore perché assume il rischio della realizzazione dell'opera o del servizio promesso, impiega nell'appalto una propria organizzazione di mezzi, ed è in possesso della necessaria specializzazione e della professionalità per rendere il servizio o l'opera promessi. (Decreto legislativo numero 276/2003 articolo 29 e codice civile articolo 1655)

Sicurezza sul lavoro.

Nell'esecuzione del contratto di appalto bisogna adottare tutte quelle misure che secondo la specialità del lavoro e la tecnica appaiono idonee a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori. Il committente deve accertare l'idoneità professionale dell'appaltatore ad eseguire i lavori, deve informare l'impresa appaltatrice sui rischi presenti sul luogo di lavoro, deve cooperare con l'impresa appaltatrice nel redigere il documento di valutazione dei rischi.Il committente deve cooperare durante l'esecuzione del contratto ad attuare le misure di prevenzione e protezione coordinandosi con l'impresa appaltatrice. La clausola contenuta nel contratto di appalto di esonero del committente da ogni responsabilità in materia di tutela della salute è priva di efficacia perché contraria alle norme di ordine pubblico. Il committente ha un obbligo forte e incondizionato in materia di sicurezza sul lavoro anche se cede a terzi una parte o tutta l'attività. (Articolo 26 del decreto legislativo numero 81/2008 e decreto legislativo numero 106/2009)

L'obbligo solidale

L'appaltante e l'appaltatore sono obbligati in solido a corrispondere ai lavoratori impiegati nell'appalto il trattamento retributivo e contributivo previsto per legge. Condizione essenziale per l'esistenza di questo obbligo di solidarietà e che il committente eserciti un'attività di impresa o professionale. Chi non esercita queste attività, non è obbligato in via solidale. Il lavoratore che intende agire nei confronti dell'appaltante per la soddisfazione dei suoi crediti deve proporre azione giudiziaria entro 2 anni dalla cessazione dell'appalto. Se non osserva questo termine decadde da ogni diritto. (Articolo 29 decreto legislativo 276/2003).

Somministrazione illecita di manodopera

Se il contratto di appalto non è genuino ed il lavoratore di fatto è gestito e diretto dall'appaltante, si ha una somministrazione illecita di mano d'opera se l'appaltante non risulta essere impresa autorizzata all'esercizio dell'attività di somministrazione di lavoro. In questo caso il lavoratore avrà il diritto di essere considerato direttamente alle dipendenze dell'impresa appaltante che si presenta come il vero ed  effettivo datore di lavoro. (Decreto legislativo numero 276/2003).