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Mobbing, azioni datoriali ad alto contenuto persecutorio

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09/11/2017

Lo dice il giudice Dossi del tribunale di Milano

mobbing il furore basaldellaUn dirigente agisce avanti il tribunale di Milano  contro la sua datrice di lavoro lamentando di aver subito lesioni personali e danni in conseguenza di comportamenti lesivi. Il tribunale, dopo aver assunto le prove testimoniali, ha respinto la domanda del dirigente, ritenendo insussistente il lamentato mobbing. La motivazione del rigetto è stata così motivata dal giudice.

“Il fenomeno del mobbing, secondo la definizione offerta dalla psicologia del lavoro e fatta propria da larga parte della giurisprudenza, può essere ravvisato in una situazione lavorativa di conflittualità sistematica, persistente ed in costante progresso, in cui una o più persone vengono fatte oggetto di azioni ad alto contenuto persecutorio da parte di uno o più aggressori in posizione superiore, inferiore o di parità, con lo scopo di causare alla vittima danni di vario tipo e gravità.

Il mobbizzato si trova nell’impossibilità di reagire adeguatamente a tali attacchi e a lungo andare accusa disturbi psicosomatici, relazionali e dell’umore che possono portare anche a invalidità psicofisiche permanenti di vario genere e percentualizzazione.

Le condotte che costituiscono il dato materiale nel quale si realizza il mobbing hanno un contenuto atipico e possono anche essere, se valutate singolarmente, prive di connotati di illiceità e formalmente legittime; esse assumono un valore molesto ed una capacità lesiva in quanto parte di una “strategia di attacco” e perciò connotate da un intento persecutorio nei confronti del lavoratore (come ormai risaputo, il termine deriva dal verbo inglese “to mob”, che significa “assalire, aggredire, accerchiare qualcuno” e descrive in etologia il comportamento di un gruppo di animali che si accaniscono contro uno di essi per espellerlo dal branco).

Ciò che viene evidenziato dagli studiosi del fenomeno è che il mobbing non è costituito e non si esaurisce in una singola condotta anche se protratta nel tempo (ad esempio un singolo trasferimento o un singolo demansionamento), ma si traduce in una vera e propria aggressione, in un accerchiamento della vittima, in un conflitto mirato contro una persona o un gruppo di persone.

Gli elementi caratterizzanti il mobbing sono costituiti dalla frequenza delle condotte vessatorie (che non devono essere singole o occasionali, ma sistematiche), dalla reiterazione e dalla durata nel tempo (secondo la letteratura in argomento le azioni ostili devono verificarsi almeno alcune volte al mese ed il conflitto deve avere una durata di almeno sei mesi), dall’andamento progressivo e crescente del conflitto (con l’individuazione di quattro o sei fasi, a seconda degli autori, di sviluppo del fenomeno)." Sentenza Tribunale di Milano sez. lavoro n. 2142/2017 pubbl. il 22/09/2017 dott.ssa Giulia Dossi.

Nell'immagine.opera di Mirko Basaldella, Il Furore.

 

 

 

 

 

 

 

La donna nella Grecia classica e dintorni

Da Ippocrate in poi, molte teorie venivano formulate dalla medicina greca a proposito della capacità riproduttiva della donna, ed alcune erano estremamente fantasiose.

Si pensava infatti che l’utero “vagasse” per il corpo femminile se la donna non aveva rapporti e che quindi l’unico rimedio fosse il matrimonio. 

Nel frattempo, alcuni medici consigliavano di legare la donna su una scala a testa in giù e scuoterla finché l’utero non fosse ritornato nella sua sede naturale; oppure, se era arrivato al cervello, si cercava di farlo scendere facendo annusare alla malcapitata sostanze maleodoranti.  E così via.

La donna nubile era considerata con malevolenza all’interno della famiglia, in cui non aveva un ruolo preciso; solo sposandosi, acquisiva uno status sociale consono.

 Anche il pensiero filosofico non era da meno riguardo alla differenza di genere: lo stesso Platone (considerato impropriamente paladino della parità tra maschio e femmina) riteneva che, per la teoria della reincarnazione, se un essere di sesso maschile operava male nella vita si sarebbe ritrovato dopo la morte ingabbiato in un corpo femminile. 

 Ad Atene, pur essendo il matrimonio monogamico, l’uomo poteva avere ben tre donne: la moglie, che gli assicurava la legittimità dei figli, una concubina ed una etera, che lo accompagnava nei banchetti pubblici ed era in grado di conversare di svariati argomenti.  La moglie, anche se non era relegata in casa, non aveva occasione di intessere relazioni sociali, ma era isolata nell’ambito della famiglia, priva di una vera educazione e di possibilità reali di socializzazione.

Anche ai giorni nostri, le donne devono fronteggiare sul lavoro il mobbing e la discriminazione di genere. Non è difficile comprendere perché ciò possa avvenire, considerati anche questi precedenti storici dei nostri antenati scientifici, letterari e filosofici che, pur nella loro cultura, hanno sempre attribuito alla donna un ruolo marginale e di sottomissione.

 

Nella foto: vaso greco che raffigura la nascita di Bacco dalla coscia di Zeus; aspirazione all'autosufficienza maschile. Opera esposta nel museo nazionale archeologico di Taranto.