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Quali i principi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo?

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04/11/2017

Ecco la magistrale sintesi della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione in questa sentenza sintetizza in modo efficace i principi che disciplinano il licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Per l’interesse riportiamo la sintesi dei principi che occorre osservare nell’intimare un simile licenziamento che la corte ha magistralmente sinterizzato. .

“La fattispecie normativa astratta, di cui all’art. 3, seconda parte, l. n. 604, richiede: (a) che la posizione di lavoro del destinatario del provvedimento datoriale risulti venuta meno, per effetto della soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui il dipendente era stato addetto, non essendo, tuttavia, necessario, ai fini della configurabilità del giustificato motivo oggettivo, che vengano soppresse anche tutte le mansioni in precedenza attribuite al lavoratore licenziato, le quali ben possono "essere solo diversamente ripartite ed attribuite" all’interno del nuovo e diverso assetto organizzativo (Cass. n. 21121/2004 e successive numerose conformi); (b) che la soppressione del posto di lavoro sia riferibile, sul piano causale, a progetti o scelte datoriali - non sindacabili in sede giudiziale quanto ai profili di congruità e opportunità, purché connotati da effettività e assenza di simulazione (Cass. n. 17887/2007 e successive numerose conformi) diretti a incidere sulla struttura e sulla organizzazione dell’impresa, ovvero sui suoi processi produttivi, senza che il datore debba necessariamente provare anche un andamento economico negativo dell’azienda, "essendo sufficiente che le ragioni inerenti all’attività produttiva ed all’organizzazione del lavoro, comprese quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività, determinino un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di un’individuata posizione lavorativa" (Cass. 25201/2016; conforme Cass. n. 10699/2017); (c) che non sia possibile una diversa collocazione del lavoratore all’interno dell’impresa ristrutturata o rimodulata nei suoi aspetti tecnico-organizzativi, essendo il relativo onere probatorio - al pari di quello avente ad oggetto gli elementi (a) e (b) sopra richiamati - a carico del datore di lavoro (che può assolverlo anche mediante il ricorso a presunzioni: Cass. 3040/2011), escluso peraltro che "sul lavoratore incomba un onere di allegazione dei posti assegnabili" (Cass. n. 5592/2016; conf. Cass. 12101/2016): elemento, questo dell’impossibilità di reimpiego in altre posizioni di lavoro e/o con diverse mansioni, che, se pure normativamente inespresso nella formulazione testuale dell’art. 3 l. n. 604/1966, trova la sua giustificazione sia sul piano dei valori, nella prospettiva del licenziamento come extrema ratio all’interno di un ordinamento che tutela il lavoro già a livello costituzionale, limitando, per converso, l’iniziativa economica privata, ove il suo esercizio risulti in contrasto con la dignità umana (art. 41, comma 2, Cost.); sia come riflesso logico del carattere effettivo e non pretestuoso che deve accompagnare la scelta tecnico-organizzativa del datore di lavoro, la quale, siccome univocamente diretta al conseguimento delle ragioni proprie dell’impresa, non può riconoscere il condizionamento di finalità espulsive diversamente legate alla persona del lavoratore”.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 24882/17; depositata il 20 ottobre.

Comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro agli enti amministrativi

Entro 5 giorni dalla data risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad informare il Centro per l’impiego competente della cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, Legge n. 264/1949).

 La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.

 L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003). 

Termini di decadenza per l'impugnazione del licenziamento

Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch' essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volonta' del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. L'impugnazione e' inefficace se non e' seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato. Qualora la conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l'accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo. Legge 604/1966

Tentativo preventivo di conciliazione

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, qualora disposto da un datore di lavoro che occupi più di 15 addetti, deve essere preceduto da una comunicazione effettuata dal datore di lavoro alla Direzione territoriale del lavoro del luogo dove il lavoratore presta la sua opera, e trasmessa per conoscenza al lavoratore. Nella comunicazione il datore di lavoro deve dichiarare l'intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonche' le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. La Direzione territoriale del lavoro trasmette la convocazione al datore di lavoro e al lavoratore nel termine perentorio di sette giorni dalla ricezione della richiesta: l'incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione. La comunicazione contenente l'invito si considera validamente effettuata quando e' recapitata al domicilio del lavoratore indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio formalmente comunicato dal lavoratore al datore di lavoro, ovvero e' consegnata al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta. Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato oppure da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro. La procedura si conclude entro venti giorni dal momento in cui la Direzione territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione per l'incontro. La mancata presentazione di una o entrambe le parti al tentativo di conciliazione e' valutata dal giudice nel successivo ed eventuale contenzioso giudiziario. Legge 604/1966 art. 7.

Durante la prova si può licenziare anche verbalmente

Il licenziamento deve essere comunicato per iscritto e devono essere indicati i motivi. I lavoratori assunti in prova  possono essere licenziati anche oralmente. Ma è consigliabile usare anche per essi la forma scritta con la motivazione del mancato superamento della prova. Legge 604/1966