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Quel netturbino trovato a giocare a carte durante l'orario di lavoro, con il jobs act non sarebbe mai stato reintegrato nel posto di lavoro

Nel mese di maggio del 2006 un netturbino anticipa arbitrariamente l'orario di uscita dal lavoro di un quarto d'ora, e va a giocare a carte in un circolo ricreativo; colto in flagranza mentre giocava a carte è stato licenziato immediatamente per giusta causa. Il tribunale in primo grado, la corte d'appello in secondo grado e la corte di cassazione in sede di legittimità hanno confermato uniformemente la illegittimità del licenziamento per averlo ritenuto sproporzionato rispetto alle previsioni del contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro. La sentenza di reintegrazione nel posto di lavoro da parte del tribunale è intervenuta dopo due mesi dal licenziamento, ma al netturbino è stato riconosciuto, nel rispetto delle previsioni di legge all'epoca vigente, un risarcimento del danno pari a cinque mensilità della sua retribuzione globale di fatto percepita ottenendo così un premio suppletivo di tre mesi di retribuzione rispetto all'effettiva perdita della sua retribuzione.

Nel 2006 al rapporto di lavoro si applicava la disciplina dello statuto dei lavoratori nella sua formulazione originaria del 1970 che, appunto, prevedeva che al licenziamento illegittimo conseguisse la reintegrazione nel posto di lavoro e un risarcimento del danno non inferiore in ogni caso alle cinque mensilità di retribuzione. (Sentenza corte di cassazione sezione lavoro del 3 luglio 2015 numero 13.700).

 Se quel licenziamento fosse stato intimato dopo l'entrata in vigore della legge Fornero numero 92 (entrata in vigore il 18 luglio 2012), quel lavoratore avrebbe ottenuto ugualmente la reintegrazione nel posto di lavoro perché il licenziamento per giusta causa sarebbe risultato essere stato intimato in violazione delle previsioni del contratto collettivo (sproporzionato) ma avrebbe avuto un risarcimento del danno pari solo a due mesi, che rappresenta il periodo di sofferta disoccupazione.

Quel lavoratore, invece, se fosse stato destinatario delle nuove normative del jobs act, entrate in vigore per i nuovi assunti dal 7 marzo 2015 , non avrebbe mai potuto ottenere la reintegrazione nel posto di lavoro perché il fatto contestato sussisteva e lui lo aveva pacificamente commesso. Nel giudicare la legittimità del licenziamento sarebbe stata ininfluente qualsiasi previsione del contratto collettivo. Con la nuova normativa quel lavoratore avrebbe forse potuto ottenere esclusivamente un risarcimento economico pari a due mesi di retribuzione per ogni anno di servizio; il risarcimento economico comunque non avrebbe potuto essere superiore a 24 mensilità e non inferiore a quattro mensilità della retribuzione utile per il calcolo del trattamento di fine rapporto. Tutto questo a condizione che il licenziamento fosse stato ritenuto sproporzionato dal giudice con riferimento ai principi di legge.

L'evoluzione della nuova normativa del jobs act, si presenta come un fatto rivoluzionario.

I nuovi assunti dal 7 marzo 2015 hanno così una tutela molto più debole rispetto a chi, invece, può vantare un'assunzione in epoca antecedente a questa data.

Comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro agli enti amministrativi

Entro 5 giorni dalla data risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad informare il Centro per l’impiego competente della cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, Legge n. 264/1949).

 La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.

 L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003). 

ARTICOLO 2119 codice civile. Recesso per giusta causa. Il datore di lavoro o il lavoratore  possono recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità sostituiva del preavviso.

ART. 18 dello statuto dei lavoratori. Tutela del lavoratore in caso di licenziamento disciplinare illegittimo. Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perche' il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennita' risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, Il datore di lavoro e' condannato, altresi', al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione.

ARTICOLO 2118 codice civile. Recesso dal contratto a tempo indeterminato. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti, dagli usi o secondo equità.

In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

 

Art. 18 dello statuto dei lavoratori : licenziamento illegittimo ma con il solo diritto ad una indennità risarcitoria, senza reintegrazione nel posto di lavoro. Il giudice, nelle altre  ipotesi (il fatto sussiste ed è stato commesso dal lavoratore) ma in cui accerta che non ricorrono comunque gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennita' risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianita' del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attivita' economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo.