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Licenziamento collettivo e controllo giurisdizionale

Il giudice può solo verificare che la procedura si sia svolta correttamente

Il giudice nel licenziamento collettivo deve solo verificare la correttezza della procedura adottata dall’impresa nell’intimazione del licenziamento. Il merito della procedura è sottratto ad ogni controllo giurisdizionale. Questo principio giuridico è stato così sintetizzato dalla corte di cassazione che ha confermato un indirizzo già consolidato nel tempo.

“Questa Corte ha già esaminato in varie occasioni la legittimità del licenziamento collettivo di cui è causa: da ultimo nella sentenza n. 2516/2012 la cui ampie, dettagliate e convincenti motivazioni il Collegio si riporta condividendole integralmente. La Corte ha infatti osservato alla stregua del consolidato insegnamento di questa Corte, da ultimo ribadito da Cass. 8061/2011.10 che "In tema di accertamento giudiziale della verifica della sussistenza del nesso causale tra il progettato ridimensionamento ed i singoli provvedimenti di recesso, la L. n. 223 del 1991, nel prevedere agli artt. 4 e 5 la puntuale, completa e cadenzata procedimentalizzazione del provvedimento datoriale di messa in mobilità, ha introdotto un significativo elemento innovativo consistente nel passaggio dal controllo giurisdizionale, esercitato ex post nel precedente assetto ordinamentale, ad un controllo dell'iniziativa imprenditoriale, concernente il ridimensionamento dell'impresa, devoluto ex ante alle organizzazioni sindacali, per cui i residui spazi di controllo devoluti al giudice in sede contenziosa non riguardano più gli specifici motivi della riduzione del personale (a differenza di quanto accade in relazione ai licenziamenti per giustificato motivo obiettivo), ma la correttezza procedurale dell'operazione (ivi compresa la sussistenza dell'imprescindibile nesso causale tra il progettato ridimensionamento e i singoli provvedimenti di recesso), con la conseguenza che non possono trovare ingresso, in sede giudiziaria, tutte quelle censure con le quali, senza contestare specifiche violazioni delle prescrizioni dettate dai citati artt. 4 e 5, e senza fornire la prova di maliziose elusioni dei poteri di controllo delle organizzazioni sindacali e delle procedure di mobilità al fine di operare discriminazioni tra i lavoratori, si finisce per investire l'autorità giudiziaria di un'indagine sulla presenza di "effettive" esigenze di riduzione o trasformazione dell'attività produttiva, (v., in tal senso, ex multis, Cass. 21541/2006). “

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 8971/14; depositata il 17 aprile 2014

 

Nella foto: Arte sovietica

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