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Contestazione di addebito

La correlazione della sanzione è con il fatto contestato e non con la condotta assunta nella procedura

La Corte di Cassazione, in una recente sentenza (Cassazione – Sezione lavoro – sentenza 18 dicembre 2007 – 25 febbraio 2008, n. 4773) ha affermato che “La sanzione, nel procedimento disciplinare regolato dall'art 7 della legge n. 300 del 1970, è correlata ai fatti oggetto di contestazione; sicché la condotta difensiva del lavoratore non può influire sulla entità della stessa.”
La Corte, con questa sua affermazione, ha ritenuto irrilevante nell’applicazione della sanzione disciplinare il contenuto della lettera di giustificazione presentata dal lavoratore ed in genere il comportamento da questi tenuto nella procedura di cui all’articolo 7 dello statuto del lavoratore.
Questa pronuncia non può essere condivisa perché la condotta del lavoratore deve essere valutata anche per l’atteggiamento difensivo che assume. Non si può ritenere irrilevante questa sua condotta. Se il lavoratore, di fronte al fatto contestato, mostra ravvedimento, non è possibile non considerare positivamente questo suo comportamento nella valutazione della sanzione da applicare. Del pari, il suo disinteresse, ad esempio, manifestatosi nella mancata presentazione delle sue giustificazioni, non può non essere valutato negativamente a suo carico. La procedura di contestazione di addebito di cui all’articolo 7 dello statuto dei lavoratori non è un elemento totalmente estraneo alla contestazione ma ne rappresenta un momento intimamente e strettamente connesso che certamente deve essere valutato dal datore di lavoro nell’applicare l’eventuale sanzione. Al giudice spetta poi il controllo della fondatezza e della congruità della sanzione concretamente applicata.
La corte di cassazione affermando di principio sopra riportato non mostra di cogliere esattamente la natura e le ragioni della procedura di contestazione di addebito che nel complessivo sistema non è certamente un elemento accidentale. Il comportamento assunto dal lavoratore in sede di giustificazione deve essere ritenuto rilevante, sia a suo favore che a suo sfavore.
La lettura della norma e l’intera sua ratio non consentono una diversa interpretazione.
Milano 11 marzo 2008.

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