07/01/2014
Non di rado capita che un lavoratore per fatti compiuti nell’espletamento della sua attività lavorativa commetta reati e decida di patteggiare la pena al fine di chiudere definitivamente il processo penale.
In questo contesto si pone il problema se il patteggiamento costituisce prova della sua colpevolezza. La giurisprudenza della corte di cassazione nel tempo ha espresso diverse e opposte interpretazione della norma.
Le sezioni unite della corte di cassazioni di fronte a questo conflitto interpretativo, sono intervenute sul tema affermando che "la sentenza penale emessa a seguito di patteggiamento ai sensi dell'art. 444 c.p.p., costituisce un importante elemento di prova nel processo civile (la richiesta di patteggiamento dell'imputato implica pur sempre il riconoscimento del fatto-reato); il Giudice, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l'imputato avrebbe ammesso una sua responsabilità non sussistente e il Giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione (cfr. le sentenze di questa Corte n. 2213 del 1 febbraio 2006 e n. 19251 30 settembre 2005). Infatti, la sentenza di applicazione di pena patteggiata "pur non potendosi tecnicamente configurare come sentenza di condanna, anche se è a questa equiparabile a determinati fini)', presuppone "pur sempre una ammissione di colpevolezza che esonera la controparte dall'onere della prova" (Cass. 5 maggio 2005, n. 9358).
Continuano le Sezioni Unite della Corte affermando che eventualmente ncombe all'incolpato in sede civile “l'onere di dimostrare di avere - pur innocente - accettato la pena patteggiata” . Cassazione civile , sez. un., 31 luglio 2006, n. 17289.
Se il lavoratore pertanto, patteggiata la pena, intende promuovere ugualmente il giudizio civile di opposizione al suo licenziamento deve spiegare al giudice civile il perché abbia fatto ricorso al patteggiamento e assumersi l’onere di provare la sua estraneità al fatto reato che tanta rilevanza ha avuto nel suo licenziamento, invertendo così la dialettica processuale dell’onere probatorio che, senza patteggiamento della pena, sarebbe spettato esclusivamente al datore di lavoro.
Milano 05/06/2007